lunedì 28 novembre 2016

Dani # 5: Il ciuchino di Babbo Natale


Natale si avvicina e anch’io ho pensato a un piccolo regalo per i miei lettori; è la mia favola Il ciuchino di Babbo Natale.
Spero che vi piacerà, soprattutto se la leggerete insieme ai vostri bimbi e ai vostri cari, tornando con la mente alle Vigilie della vostra infanzia.
Con me ha funzionato!

Il ciuchino di Babbo Natale


Babbo Natale si rigirò tra le mani la lettera che Elwod, il più anziano degli Elfi, gli aveva consegnato quella mattina. L’aveva già letta decine di volte e ancora non riusciva a crederci. Il direttore dell’Ufficio del Lavoro del Polo Nord gli comunicava che dal giorno seguente, raggiunto il limite massimo di anzianità lavorativa, avrebbe dovuto considerarsi in pensione.

Lui, Babbo Natale! Lui che aveva diligentemente consegnato milioni di regali a tutti i bambini del mondo da quando… da quando non se lo ricordava più nemmeno lui, ma doveva essere di certo un sacco di tempo visto che se lo era perfino dimenticato.

«Per mille fiocchi di neve!» Esclamò tirandosi la lunga barba bianca e dandosi una grattatina sotto al berretto rosso che gli pendeva da un lato. Continuò a leggere: il funzionario, dopo averlo frettolosamente ringraziato per tutti i lunghi anni di onorato servizio, lo informava che il suo sostituto, il nuovo Babbo Natale in carica, sarebbe arrivato l’indomani a mezzanotte.

«Per mille renne dell’artico!» Borbottò e – credetemi! – quando Babbo Natale diceva così era davvero arrabbiato. L’indomani sarebbe stata la Vigilia di Natale; il suo ultimo giorno di servizio e la sua ultima consegna di doni ai bambini. Lanciò un’occhiata agli Elfi che, nel grande laboratorio a forma di abete, correvano instancabili da un banco all’altro a confezionare i doni per i bambini che erano stati buoni durante l’anno, e che li avrebbero trovati sotto ai loro alberi la mattina di Natale.

C’erano migliaia di pacchetti, rossi, verdi, gialli e blu, sparsi per tutto il laboratorio e, una volta infiocchettati, gli Elfi li mettevano dentro un’enorme cesta. Una cesta così enorme che non si riempiva
mai: la cesta di Babbo Natale. Pensò che, tra qualche ora, tutto quel trambusto sarebbe cessato, e lui avrebbe riposto il vestito rosso fiammante ancora nuovo – lo aveva solo fatto allargare un pochino in vita dove gli tirava sulla pancia – in naftalina. Già si immaginava le sue future giornate da pensionato: sarebbe andato a pescare salmoni con gli orsi bianchi e avrebbe giocato a palle di neve coi trichechi. Fece appena in tempo ad asciugare una lacrima che gli tremava tra le ciglia, quando Elwod entrò trafelato nel suo ufficio.

            «Babbo Natale, ho una brutta notizia! Vischio non ce l’ha fatta e si è addormentato sotto i rami del grande Pino Bianco!» Gli comunicò con voce tremante. Dovete sapere che quando le renne diventano molto vecchie vanno a sdraiarsi sotto un grande pino bianco che cresce solo al Polo Nord, e lì si addormentano felici per sempre.

            «Ci mancava solo questa!» Pensò Babbo Natale. Vischio era la sua renna più anziana e la più esperta; quella che stava davanti a tutte le altre e le guidava per far volare la sua slitta carica di doni. Con Vischio non aveva mai fatto un incidente – era proprio una brava renna! – e solo lei sapeva come far scivolare dolcemente la slitta nel cielo come se stesse correndo sulla neve fresca. E adesso cosa avrebbe fatto senza di lei? Un’altra tirata di barba e una grattatina sotto al berretto e, finalmente, l’idea arrivò.

            «Sbrigati, Elwod! Mettiti subito in viaggio verso il villaggio più vicino e trova una renna giovane e forte per questa notte. Va’, corri più in fretta che puoi, perché mancano poche ore alla consegna dei doni!» Elwod si infilò il berretto magico coi sonagli e si mise a correre tra boschi e montagne piene di neve. Il villaggio più vicino distava molti chilometri, ma con il berretto magico in testa Elwod li percorse in un battibaleno e, dopo dieci minuti, era già nella piazza del villaggio, dove quel giorno c’era il mercato del bestiame.


            Elwod gironzolò un po’ alla ricerca della renna che gli aveva chiesto Babbo Natale, ma sembrava che tutte le renne giovani e forti fossero già state vendute. Alla fine si avvicinò a un ragazzino vestito di cenci che teneva alla corda un ciuchino bigio; il ragazzino tremava dal freddo e dalla fame, e il ciuchino se ne stava tranquillo con le orecchie abbassate. 

            Fu così che Elwod – degli Elfi si può dire tutto, ma non che non abbiano un gran cuore – diede tre monete d’oro al ragazzino, e tornò da Babbo Natale col ciuchino bigio che lo seguiva ragliando allegro.

            «Per mille pupazzi di neve!» Esclamò Babbo Natale al vederli arrivare, e, questa volta, era davvero sorpreso. Ma che strana renna era mai quella? Si domandò tirandosi la barba e grattandosi la testa contemporaneamente. Se la vista non lo tradiva, anche se ultimamente le lenti dei suoi occhiali erano diventate sempre più spesse, quello era un asino. Ma sì, un quadrupede dal pelo bigio e con le orecchie lunghe come… come un asino, appunto! Babbo Natale guardò Elwod e poi l’asino, l’asino e poi di nuovo Elwod ed ebbe un’idea. Quella notte la sua slitta avrebbe volato sopra ai tetti delle case come ogni anno.

            Don, don, don. Gli orologi stavano battendo la mezzanotte e la consegna dei doni non era ancora terminata. La slitta aveva sfrecciato a gran velocità nel cielo grazie a un bel ciuchino bigio che, orgoglioso delle grandi corna posticce legate alle orecchie, aveva guidato e incitato le compagne senza un attimo di riposo. Mancava solo un ultimo villaggio da visitare, un ultimo dono da consegnare e poi tutto sarebbe finito. Babbo Natale abbassò le redini e la slitta atterrò dolcemente vicino a una capanna di legno e paglia. 

            Babbo Natale scese dalla slitta e si mise sotto braccio l’ultimo pacchetto. Era davvero una povera capanna quella; non c’era nemmeno il camino, ma dalla porta spalancata veniva un gran luce che illuminava la notte tutt’intorno. Quando entrò rimase a bocca aperta.
            Un bambino appena nato giaceva in una mangiatoia; i mantelli di lana ruvida della madre e del padre gli facevano da coperta, mentre il fiato di un bue lo scaldava dal gelo della notte. Babbo Natale si avvicinò e, quando vide il sorriso del bambino, il pacchettino che teneva tra le mani gli sembrò piccolo e inutile. Stava per nasconderlo dietro la schiena quando il bambino indicò con la mano il ciuchino, e sorrise di nuovo a Babbo Natale. Il ciuchino si scrollò via le corna da renna con un raglio allegro, e si stese accanto al bue a scaldare col suo fiato il bambino nato la notte di Natale.

            Quando Babbo Natale ripartì la sua slitta aveva una renna in meno, ma era così leggera e veloce che superò perfino una stella cometa. Da quel giorno non sarebbe più stato Babbo Natale, ma la gioia che aveva nel cuore l’avrebbe conservata per sempre. Tese l’orecchio e gli sembrò di sentire il raglio di un ciuchino. Si tirò la barba, diede una grattatina sotto al berretto e sorrise; quello era stato il più bel regalo di Natale.
           
Creato: 26/10/2016
Pubblicato: 28/11/2016
                       Titolare del Copyright: Daniela Quadri


Buon Natale !

4 commenti:

  1. è bellissima Daniela, se riesco me la trascrivo e la racconterò ai miei nipotini grazie di questa bella favola ogni tanto ci vogliono anche per noi adulti, un abbraccio <3

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  2. Bella proprio bella. Babbo Natale poi che si commuove davanti al bambino stravolge la tradizione. Questa favola parla anche ai grandi :)

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  3. Grazie, Giovanna! Mi fa molto piacere che tu voglia leggerla ai tuoi nipotini, è un po' quello che mi auguravo con questa fiaba :-)))

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  4. Ciao Maria Rita! Gentile come sempre nei tuoi commenti e, soprattutto, hai centrato quello che volevo fare: unire due tradizioni nell'unico spirito del Natale :-)))

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