sabato 23 dicembre 2017

Dani #17: Lettera a Gesù Bambino



Lettera a Gesù Bambino

Meno due a Natale e come tutti gli anni si passa in rassegna quello che forse ci è sfuggito nel caos e nella fretta di questi giorni. 

Tipo il pensierino al cognato, sì, proprio lui, quello dai gusti impossibili che tanto, regalo per regalo, non ti dà mai soddisfazione. O il panettone con il ripieno di crema di ribes variegata mango da correre a prenotare, ché sennò la zia Carolina chi la sente a Natale!

Vabbe', ma tra una cosa e l'altra, vi siete ricordati della lettera a Gesù Bambino?

Come dite? No! Su non scherzate, che Natale è senza la letterina?

Allora per i più pigroni, quelli che nemmeno la pensano la letterina, figuriamoci scriverla!, l'unico sforzo da fare è leggere qui sotto.

Questa è la mia lettera a Gesù Bambino ma, siccome a Natale siamo tutti più buoni, per questa volta avete il permesso di farla un po' anche vostra :-)

Parole buone che parlano al cuore di tutti, poi per le promesse e i buoni propositi se ne parla con l'anno nuovo! (quelli però dovete scriverli voi, altrimenti non valgono...)

Buon Natale a tutti!


                Caro Gesù Bambino,
insegnami ad amare le mie imperfezioni, che sono tante, e i miei difetti, che sono ancora di più.

              Non ho più l'età per chiederti doni, ma - ti prego con tutto il cuore! - tieni lontano da me quelli che perfetti lo sono: irreprensibilmente, saccentemente, ostinatamente. E, già che ci sei, anche quelli che sanno sempre dove mettere i due punti e il punto e virgola, chè un po' d'invidia ce l'ho!


            Fammi incontrare persone che non si vergognano della propria umiltà e diversità, e che la vita la prendono con leggerezza perché hanno capito che tutto quello a cui questo mondo dà valore, in questo mondo lo lasceremo.

            Inondami di allegria perché io riesca ad accennare un passo di danza, anche quando sono così stanca da non vedere più in là del mio dolore.

           E poi, se non è chiedere troppo, dammi la salute per vivere ogni giorno con la gioia, la pienezza e la curiosità di chi vede per la prima volta l'alba e il tramonto.

        Grazie, caro Gesù Bambino, per essere tornato a nascere su questa terra, anche se le mangiatoie sono un bene di lusso e il bue e l'asinello si vedono solo allo zoo.

       Grazie e, se non ti dispiace, stasera la ninna nanna delle stelle resto qui ad ascoltarla insieme a te.

         Con affetto

          Daniela

giovedì 21 dicembre 2017

Dani #16: Il villaggio Piccolo Piccolo


                             
Cosa fa più Natale di una fiaba? Niente, ovviamente :-) Io ve l'avevo promessa, ed ora eccola qui! Direttamente dal bellissimo blog https://letturedikatja.wordpress.com di Katja Macondo che l'ha recentemente ospitato e che vi invito a visitare!, vi presento il mio ultimo racconto per grandi e piccini. Una storia che parla di donne e del loro rapporto con la Natura, di magia ed ecologia. Una fiaba in cui perdersi per ritrovarsi magari un po' più felici!

                                     Il villaggio Piccolo Piccolo  
                        Una fiaba di Daniela Quadri

Molto tempo fa, in quella parte di mondo che si stendeva tra le montagne Sempre Innevate e le Grandi Pianure Verdi, sorgeva un villaggio così piccolo che le case si contavano sulle dita di una mano e gli abitanti su due.  Ma la cosa più speciale di questo villaggio erano le donne perché tutte - giovani e vecchie, brune e bionde, alte e basse - possedevano un dono; capivano il linguaggio degli animali.

Così gli abitanti dei paesi vicini mandavano a chiamare le donne del villaggio Piccolo Piccolo quando le loro bestie stavano male o dovevano partorire, e le donne erano talmente brave che da più di cent’anni nessun animale – cane o gatto, mucca o cavallo, pecora o maiale - era più morto di malattia.  

Questo dono era un segreto tramandato di madre in figlia da mille generazioni. Niente che si potesse studiare sui libri di scuola o imparare a memoria come una filastrocca. Non c’erano formule magiche o pozioni da preparare nel calderone bollente. Non si poteva vedere né toccare, ma solo sentire col cuore.

Alle donne bastava andare nei boschi di querce o sulle rive del fiume che scorreva veloce a valle e restare in silenzio ad ascoltare; quando il silenzio si riempiva dei richiami degli uccelli e della voce argentina dell’acqua, allora le loro orecchie si aprivano e riuscivano a comprendere quello che gli animali dicevano.



La storia avrebbe potuto terminare qui, se non fosse che gli uomini non sono tutti uguali e quelli che abitavano nei villaggi di vetro e cemento nella Terra delle Città presero a ribellarsi alla Natura e a farle molti dispetti, abbattendo le foreste, avvelenando l’aria e inquinando il grande Oceano Blu.

Fu così che la Natura ci restò molto male, smise di sorridere agli uomini e trasformò le stagioni. Adesso succedeva sempre più spesso che la pioggia cadesse per settimane proprio quando doveva splendere il sole, o che ci fosse il sole quando i campi avevano bisogno d’acqua e gli animali non trovavano più un filo d’erba nei pascoli.

Gli abitanti della Terra delle Città sembravano diventati improvvisamente ciechi e sordi. Non si accorgevano che i nidi delle rondini sotto i tetti erano ormai  vuoti da anni, che nei boschi non risuonavano più i colpi di becco dei picchi, e che le lucciole avevano smesso di brillare tra i cespugli nelle calde notti d’estate. Non capivano perché tutto ciò stesse accadendo, e forse nemmeno gli importava.



Molti anni prima c’era stata una grandissima carestia, la peggiore che fosse mai stata registrata dai Vecchi Saggi nel Libro della Memoria custodito nella biblioteca del villaggio Piccolo Piccolo. Tutti i granai si erano svuotati e anche le donne del villaggio avevano dovuto abbandonare le case, i boschi e le rive del fiume per seguire gli uomini nella Terra delle Città in cerca di pane, lavoro e un futuro per i loro figli.

Se ne erano andate tutte, tranne una: nonna Felicina che era rimasta nella casa dove era nata, e dove le piaceva veder sorgere e calare il sole. Nonna Felicina, in verità, era stata una gran testarda fin da bambina, quando si nascondeva per ore nella stalla a chiacchierare con le mucche anziché fare i compiti. Quante sgridate si era presa! Nessuno era mai riuscito a farle cambiare idea nemmeno una volta nella vita. Ci aveva provato persino Gioacchino, il più anziano tra i Vecchi Saggi, a convincerla a mettere la testa a posto e a smetterla di giocare a fare intrugli miracolosi con le erbe, ma alla fine gli era venuto solo un gran mal di testa e molti fili bianchi in più nella lunga barba. 





E così Nonna Felicina era rimasta da sola nel villaggio Piccolo Piccolo, anche se ormai faceva fatica persino a camminare da tanto le dolevano le povere ossa – è l’artrite reumatoide, le ripeteva sempre il Medico Dottore, ostinandosi a farle bere una medicina tanto amara quanto inutile -, ma per niente al mondo lei avrebbe abbandonato i suoi amici animali.

Quel giorno Nonna Felicina stava salendo su per il sentiero che portava alla stalla del fattore di un paese vicino; l’aveva mandata a chiamare perché la sua giumenta stava per partorire e sembrava in difficoltà.

Nonna Felicina si muoveva piano, appoggiandosi a un bastone ancora più vecchio e curvo di lei e, ogni tanto, alzava lo sguardo al cielo ad annusare l’aria, proprio come gli animali del bosco che sentono l’avvicinarsi della pioggia a seconda di come spira il vento. Le ossa le facevano ancora più male del solito, ma un sorriso le illuminava il viso ricamato di rughe sottili; il tempo stava cambiando e un rombo sordo che si avvicinava dalle Montagne Sempre Innevate annunciò che era in arrivo un temporale.



Non pioveva ormai da più di quaranta giorni e molti animali erano morti negli incendi che avevano distrutto alberi e cibo. Lei aveva cercato di aiutarli come poteva: curandoli, sfamandoli e accompagnandoli con una carezza nel loro ultimo viaggio.

Le luci erano ancora accese nella stalla, la notte era stata lunga. Nonna Felicina spinse a fatica la pesante porta di legno della stalla ed entrò. Sdraiata sulla paglia una giumenta, col manto lucido di sudore e gli occhi febbricitanti, la riconobbe e nitrì sonoramente.

«Aiutami!» La implorò e Nonna Felicina si inginocchiò accanto a lei, sussurrandole all’orecchio parole misteriose di conforto. La cavalla scosse forte la criniera, diede un gran colpo di reni e, in pochi istanti, un puledrino color cioccolato si rotolava vispo nella paglia.

Nonna Felicina si rialzò a fatica aiutandosi col bastone e stava per andarsene quando, all’improvviso, dall’ombra sbucò una bambina: esile come un giunco che neanche il vento che scende ululando dalle montagne riesce a spezzare, e con due lunghe trecce nere si avvicinò silenziosa al puledrino.

Bastò il tocco delle sue piccole mani che lo accarezzavano leggere come farfalle, perché il puledrino si alzasse sulle quattro zampe e si attaccasse alle mammelle gonfie di latte della madre.



Nonna Felicina chiuse gli occhi stanchi e per un lungo istante rivide se stessa da bambina, quando si nascondeva per ore nella stalla a chiacchierare con le mucche anziché fare i compiti. Sì, si assomigliavano tanto quelle due bambine! Entrambe innamorate della Natura e degli animali, e con una bella testa dura che nessuno sarebbe riuscito a cambiare.

«Lei è proprio come te!» Nitrì la cavalla, mentre leccava orgogliosa il suo piccolo.
«Vieni da me domani, bambina. Mi raccomando non fare tardi: il tempo è l’unica cosa che mi manca» Disse Nonna Felicina sorridendo.

Grossi goccioloni cadevano dal cielo scuro, quando Nonna Felicina uscì dalla stalla. Presto gli incendi si sarebbero spenti, gli animali sarebbero tornati ai loro nidi e alle loro tane, il bosco sarebbe tornato a vivere e la Natura a sorridere di nuovo agli uomini nella Terra delle Città.




 Nonna Felicina ne era sicura perché, finalmente, aveva trovato una bambina a cui consegnare il suo dono: quello che rendeva speciali le donne del villaggio Piccolo Piccolo.


Buone Feste a tutti!

Daniela

giovedì 7 dicembre 2017

Recensioni & Co. #17: La narratrice di sogni




La narratrice di sogni
Quando la lettura diventa recensione


               Ho avuto modo di contattare Rosanna Lia su Facebook; mi aveva colpito una sua video recensione al romanzo di una collega scrittrice.

               Sì, avete letto bene: video recensione, perché Rosanna è un'artista della parola ma di quella letta, piuttosto che scritta. Le sue recensioni sono molto particolari, da un brano Rosanna crea un video, dove le immagini raccontano le emozioni, le sensazioni che lei stessa ha provato leggendo il pezzo.

              E fin qui, non ci sarebbe nulla di particolarmente originale. Se non fosse che Rosanna ha un qualcosa in più che fa la differenza: una voce intensa ma, soprattutto, una dote interpretativa non da tutti.

              Sentirla leggere, anzi, no!, ascoltarla dare vita a uno dei brani più struggenti di Ovunque sei, mi ha commossa (se vi dico che mi sono venuti i lacrimoni, potete crederci!).

             E' stato come se la storia, quella storia che ho sentito crescere dentro me ancor prima di darle forma compiuta in un romanzo, avesse acquistato vita propria e mi parlasse.

            Ho visto Adele e la sua disperazione, la corsa folle in auto, il desiderio di farla finita e quello ancora più forte di ritrovare il suo Simone. E lui, quel bambino di pochi anni che sa farsi amare con un sorriso, era lì, di fronte a lei e a me. Le due madri che l'hanno generato, nella carne e sulla carta, hanno sentito la sua voce chiedere aiuto, piangere.

            Ragazzi, che emozione! Credo che per chi scrive, veder nascere, venire al mondo - quello reale - i propri personaggi sia la realizzazione di un sogno, una felicità immensa: è un pensiero che si trasforma in suono, voce.

           Ecco, questo è quello che mi è successo, ascoltando Rosanna Lia nella sua video recensione che vi propongo qui sotto. Dura qualche minuto ma, credetemi, vale la pena ascoltarla fino in fondo.

          E poi, cosa non marginale, Rosanna Lia è una bella persona, di quelle di cui si è un po' perso lo stampo. L'ho scoperto avendo a che fare con lei, durante la fase di realizzazione del video: disponibile, alla mano, generosa, collaborativa. Insomma per farla breve, anche perché ho quasi finito l'incenso ;-), una tipa che merita di essere conosciuta.

          Quindi invito tutti i colleghi e le colleghe scrittori / scrittrici, che volessero avere una fantastica video recensione come questa, a contattare Rosanna Lia sulla sua pagina Facebook La narratrice di sogni.

         Un'ultima cosa ve la voglio buttare lì, così come se niente fosse...

         Insomma se questo brano vi ha colpito - dico io, un solo brano! -, ma vi immaginate cos'è il romanzo intero?

         Non perdete questa occasione, Ovunque sei aspetta anche voi!

         Grazie a tutti.


giovedì 9 novembre 2017

Recensioni & Co. #16: Lo sappiamo bene che l'assassino non è tra di noi



Lo sappiamo bene che l’assassino non è tra di noi
di Roberta Paola Fornari

Quando si scrive c’è sempre qualcosa di autobiografico: Viola sono io, siete voi, siamo tutti, la protagonista prova stati d’animo in cui tutti si possono riconoscere.

Con queste parole l’autrice descrive l’essenza di un romanzo in grado di coinvolgere intensamente il lettore, perché i sentimenti e le sensazioni, perfino le percezioni sensoriali, di Viola, la voce femminile protagonista, in realtà sono le nostre.

L’aspetto originale che più ho apprezzato del romanzo d’esordio di Roberta Paola Fornari pubblicato da Edizioni Leucotea nell’aprile 2017, che se proprio vogliamo collocare in un genere narrativo possiamo definire thriller psicologico,  è proprio la prospettiva del raccontare.  

L’assassinio, perché di fronte a questo ci troviamo, viene ricostruito attraverso i dialoghi tra i personaggi o con le forze dell’ordine; non ci sono descrizioni cruente o indizi macabri – di fatto il cadavere non viene mai visto -, le scene vengono richiamate, quasi suggerite agli occhi del lettore che verrà guidato alla scoperta della verità a mano a mano che si paleseranno la psicologia, le riflessioni, i pensieri dei protagonisti.

Ed è questo un percorso introspettivo fatto di umanità, di verità nascoste, di gesti d’affetto mancati o di troppo amore. Ecco la dimensione umana, più ancora di quella psicologica, è il vero cardine portante della struttura e dell’organizzazione narrativa di questo romanzo.

Con Viola, quarantenne romana che vive una fase di crisi nel matrimonio con Paolo, avvocato di grido, e l’eccitazione di un inaspettato incontro con un altro uomo, l’affascinante Marcelo, è molto facile, direi naturale, ritrovare situazioni che già conosciamo perché parte del nostro vissuto personale. Tutto questo rende l’immedesimazione un atto spontaneo, una scelta obbligata che annulla la distanza tra finzione e realtà, tra narratore e lettore. E questo non è sicuramente qualcosa di così scontato in un romanzo che abbiamo definito di genere. Anzi!

L’equilibrio già instabile di Viola viene del tutto rotto, quando la morte di nonna Adele lascia lei e i cugini eredi di un ingente patrimonio a Biarritz. Ma al suo arrivo nella località francese nei Pirenei atlantici,  accade l’imprevedibile: Marisela, una cara cugina, viene assassinata e a questo punto inizia il viaggio di Viola. Un doppio viaggio che la porterà, nella realtà, a sistemare i pezzi mancanti di un puzzle che le indagini del commissario Giambiancô faranno venire a galla, e, nella mente, a ritrovare luoghi, persone e sentimenti di un’infanzia che all’improvviso riesplode dentro di lei, con la forza dei ricordi mai del tutto dimenticati.

Perché l’assassinio di Marisela è un po’ anche il simbolo della fine di quell’infanzia trascorsa insieme, alla quale Viola dovrà rinunciare, così come dovrà accettare che l’immagine che si era fatta di Marisela quand’era in vita non corrisponde alla realtà. Domande che non trovano risposta e rivelazioni che nessuno avrebbe mai immaginato potessero essere reali aprono un ventaglio di complesse possibilità.

Le persone, anche le più care, possono cambiare e nascondere segreti che mai avremmo ritenuto possibili. Persino l’amore può avere risvolti distruttivi ed eccessi di pura follia. Nel suo percorso interiore di conoscenza e scoperta, Viola ci prende per mano e ci indica che la vita è così: prende e toglie, ma ci fa anche crescere e diventare più forti.

E Roberta Paola Fornari  ce lo racconta con una prosa ritmica, scandita da pause e sospensioni di grande effetto, e un tono quieto, familiare, a tratti ironico che avvolge il lettore e lo cala in un’atmosfera di complicità e partecipazione emozionale.

Lo sappiamo bene che l’assassino non è tra di noi, verrebbe da dire ma il finale non è così scontato!

Un romanzo che consiglio a tutti e un invito a Roberta Paola Fornari perché prosegua nella sua brillante carriera di scrittrice.  



Biografia
Roberta Paola Fornari è nata a Milano e ha conseguito due lauree brevi in Marketing-Comunicazione e in Lingue Orientali.
Attualmente vive a Roma con il marito e un Terranova di nome Michael.
Insegnante, interprete per il Medio Oriente nella moda, account executive e copywriter prima di iniziare a lavorare per le produzioni televisive e nella Direzione Risorse Artistiche del gruppo Mediaset.
Fil rouge della sua vita lavorativa è sempre stata la comunicazione nelle sue varie sfaccettature. 


lunedì 30 ottobre 2017

Recensioni & Co #15: L'Arminuta

L'Arminuta
ovvero ti racconto un libro in 5 minuti

Prima di cominciare a parlarvi del romanzo che ho scelto, o forse lui ha scelto me, non è ben chiaro!, devo confessarvi una cosa: sono una lettrice cinematografica. In che senso? Nel senso che quando un libro mi piace davvero, io comincio a farmi un film tutto mio con la trama e i personaggi.

E L’Arminuta è appunto il romanzo da cui ho tratto il mio ultimo film! Di questo libro mi è piaciuto tutto: il titolo misterioso e intrigante al punto giusto (L’Arminuta, cioè la ritornata), lo sguardo magnetico alla Steve McCurry della ragazza in copertina, e mi è piaciuta persino la biografia della scrittrice: Donatella di Pietrantonio. Una donna che lavora, fa la dentista pediatrica, scrive di notte e vince il Campiello, ebbé applausi!

Lo amo, anche e soprattutto per un personaggio che appaga tutti i miei desideri di lettrice: Adriana, la sorella minore dell’Arminuta. Una bambina di 10 anni, gracile , quasi pelle ossa che ha una sorprendente forza d’animo, e una grinta pazzesca nell’affrontare la vita, e la sua è una vita soffocata dalla miseria, non solo materiale ma soprattutto umana, come mancanza di affetto, incapacità di provare empatia.

Vi accenno solo una scena del film di cui vi parlavo prima.

L’Arminuta è andata in corriera nella città sul mare, dove un tempo viveva con la famiglia adottiva, ed ora sta tornando al paese nell’entroterra, dove adesso vive con la famiglia di origine. Ma c’è stato un incidente e la corriera è in ritardo. L’Arminuta pensa che Adriana non la starà aspettando in piazza, ma, invece, quando arriva, Adriana è lì.

Con i pugni ben piantati sui fianchi e i gomiti in fuori le dice “Non credere che ti stavo ad aspettà le ore. Io pure tengo cose da fare” e l’Arminuta capisce che Adriana l’ha perdonata, in quel suo modo teatrale, serio e buffo al tempo stesso, per non averla portata con lei in città.

Ecco, Adriana è un mix esplosivo di fragilità – è una bambina che fa ancora la pipì a letto – e di saggezza, una bambina diventata adulta troppo in fretta come succede a chi deve combattere per sopravvivere. A me ha ricordato Totò Cascio in Nuovo Cinema Paradiso e, se mai faranno una riduzione cinematografica, me la immagino come una scugnizza con la faccia da schiaffi e una risata che conquista.

Adriana sa come agire per ottenere quello che vuole, sarà lei a fare da guida e a proteggere la sorella che ,invece,  sembra inadatta alla vita. Adriana la difende dalla madre che la picchia perché ha rotto dei piatti e dai compagni di scuola che la prendono in giro. Lei solo comprende che la diversità dell’Arminuta – così educata, intelligente ed istruita – non è qualcosa da temere, ma da preservare.

Mi sono commossa nel vedere, pagina dopo pagina, come le due sorelle, in realtà due estranee nonostante il legame di sangue, costrette a dividere lo stesso letto testa contro piedi e a mangiare di nascosto un dolce in garage per non dividerlo con gli altri fratelli, diventino a poco a poco complici. Una sorellanza che nasce a fatica, ma resiste e si rafforza in un ambiente dove gli affetti sono un lusso che non ci si può permettere.

Una complicità che sarà la salvezza per entrambe; quando Adriana svelerà alla sorella la verità sul suo abbandono in uno scatto di rabbia perché l’Arminuta non la porterà con sé in città, ecco anche questa rivelazione “di pancia” in realtà è un gesto d’amore. Perché spingerà l’Arminuta a scacciare la disperazione che la divora, a incontrare la madre adottiva e a pensare di cominciare una nuova vita.

C’è una frase bellissima, e secondo me anche poetica, che racconta il rapporto tra le due sorelle, quella con cui l’Arminuta descrive Adriana:

Mia sorella, come un fiore improbabile cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia. Da lei ho appreso la resistenza. Ora ci somigliamo meno nei tratti, ma lo stesso è il senso  che troviamo in questo essere gettate nel mondo. Nella complicità ci siamo salvate.

Grazie e buona lettura!




PS: Questa fenomenale presentazione ai limiti dell'umano - provate un po' voi, cronometro alla mano, a parlare di un libro che amate in 5 minuti 5! :-) - ha avuto luogo durante l'ultima edizione dello Speed Book Date, sabato 28 ottobre, 2017 presso il Caffè della Contrada a Cernusco sul Naviglio.


martedì 24 ottobre 2017

Dani #15: Book Pride, Genova




                                     Book Pride, Genova
                                       21 ottobre, 2017


Le cose belle vanno condivise, e allora condividiamo!

Una bella esperienza, per esempio. Un'occasione per conoscere persone nuove, visitare luoghi carichi di bellezza e storia, e vivere emozioni che lasciano ricordi profondi.

E già sai che, ogni volta che ti fermerai a guardarti dentro, è lì che li ritroverai: colorati come le copertine dei libri esposti, profumati come il respiro del mare, dolci come l'aria di primavera ad autunno inoltrato.

Genova, la Superba, ti accoglie con la bellezza altera e distaccata di una Signora d'altri tempi che ha perso un po' lo smalto, ma che ha ancora fascino da vendere!
















C'è la curiosità di chi entra e gira tra gli stand, lanciando un'occhiata ai nomi noti e a quelli sconosciuti ai più, e l'interesse silenzioso di chi sfiora le pagine di un libro, cercando di indovinarne il sapore: quello che ti ritrovi addosso, quando lo stringi sottobraccio, fiero di averlo fatto tuo. Con la certezza che sarà amore già dalla prima pagina, e che non riuscirai a staccarti dal suo abbraccio, finché non sarai arrivato all'ultima parola, e ne vorrai di più.



Colori per tante storie diverse: storie di persone che le hanno vissute, o hanno immaginato di viverle per trasmettere le sensazioni che hanno provato nel momento in cui le hanno ricreate dentro di sé. Storie di memoria, di confine, di radici, di sentimenti. Storie che ci rendono diversi, forse anche migliori, ma che vale, comunque e sempre, la pena leggere per capire e condividere la nostra umanità.


E, tra tante storie, trovi anche un pezzo di te, della tua passione per la parola scritta cresciuta insieme a te e ai tuoi sogni, croce e delizia di ore e ore volate via, sottratte ad altro, divorate con avidità e trascorse nell'ansia di aver sbagliato, di voler rifare tutto daccapo, che poi, in fondo, un daccapo non c'è.




Poi alzi lo sguardo, lo lasci vagare su pareti e soffitti che da soli raccontano una Storia che affascina e ammutolisce, e ti senti un po' così: intimorita, ma anche spronata a dare il meglio di te, a lasciare un segno, piccolo, impercettibile ma meravigliosamente tuo, dell'esserci stata.






Il palco è pronto, i microfoni accesi e le bottiglie d'acqua a portata di mano. Tiri un respiro profondo che sembra non finire mai: ci siamo! Domanda dopo domanda parli di te, dei tuoi romanzi, di quello che ci hai messo dentro, di quello che ognuno potrà trovarci, e ti viene voglia di continuare all'infinito. L'emozione diventa gioia pura, quando la vedi negli occhi dei tuoi colleghi che ti seguono con lo sguardo, ti sorridono e fanno cenno di sì con la testa. Perché anche loro stanno vivendo la stessa cosa su quel palco che ci accomuna, e ci fa sentire tessitori e narratori di storie che appartengono a tutti.




E' stato bello condividere con loro, compagni di un breve viaggio dentro noi stessi, ed è bello condividere ancora una volta, qui.

Ma sarà ancora più bello conservare questo ricordo insieme a tutti coloro che l'hanno reso possibile e ne hanno fatto parte.

Grazie!
(a te, Andrea, un grazie speciale!)

giovedì 5 ottobre 2017

Dani #14: Ovunque sei


Ovunque sei
Il mio nuovo romanzo


          Sono trascorsi due anni dall'uscita de Le stelle di Srebrenica e non mi sembra ancora vero di poter stringere tra le mani Ovunque sei, il mio ultimo romanzo pubblicato da Edizioni Leucotea. Sfiorare le pagine del libro che hai sognato, così a lungo da temere che potesse svanire all'alba come un sogno, è una felicità che mi sorprende sempre!

          Perché ogni volta mi dico: vabbé, ormai dovresti esserci abituata. Sicuramente non ti farà l'effetto della prima volta. E invece, no! E' sempre la prima volta, quando esce il tuo ultimo romanzo. Ed è emozionante e commovente insieme sentire come, sfogliando le pagine che sanno ancora di stampa e leggendo il tuo nome in copertina, la vista un po' si annebbi - tutta colpa di quei granelli di cuore che s'infilano tra le ciglia! - e lo stomaco si giri sottosopra.

          Sarà che ogni singola parola mi fa tornare in mente le lacrime e le risate che l'hanno accompagnata dall'anima alla pagina bianca, che ogni capitolo ancora vibra di tutti i dubbi e i ripensamenti che l'hanno segnato, stravolto, limato, scavato fino all'osso, ma io mi sorprendo ancora!

          Ecco, adesso potrei raccontarvi la trama, ma quella e il primo capitolo potete leggerli con calma sul sito dell'editore a questo link:

http://www.edizionileucotea.it/it/home.php?s=0,1,2&pg=&dfa=do25&diditem=3312


potrei dirvi che Ovunque sei è un romanzo forte, intrigante, drammaticamente sensibile e delicato, ma non spetta a me farlo.

        E allora mi limiterò a invitarvi a leggerlo, perché conoscere Marta Valtorta, giornalista free-lance e investigatrice un po' naif, e Tony Nardone, carabiniere tutto d'un pezzo e suo fidanzato, sarà un'avventura che vi porterà dentro storie del passato, efferati omicidi e drammi di sconvolgente attualità.

         Resterete incollati alle pagine, mentre seguirete le intuizioni di Marta e la ferrea logica di Tony che cercheranno di sbrogliare l'intricato mistero del cadavere dal volto sfigurato ritrovato nel Parco reale di Monza e della scomparsa del piccolo Simone, e rimarrete a bocca aperta (almeno così spero :-)), quando alla fine la verità verrà a galla.


       Una verità che non è mai solo bianca o solo nera, … perché la vita ha una gamma infinita di tonalità: mai perfettamente definite, mai del tutto pulite, mai così sporche.


        Per gli amanti delle emozioni tecnologiche, questo è il link del book-trailer: 


    
     
         
        Ah, dimenticavo... a tutti coloro che vorranno inviarmi una breve recensione, o semplicemente le loro impressioni su Ovunque sei, sarò felice di ospitarle sulla pagina Facebook di Ovunque sei e qui sul blog con una puntata dedicata a loro.

          
          Buona lettura!
          Con affetto

          Daniela






martedì 5 settembre 2017

Recensioni & Co #14: Il cerchio bianco



Il cerchio bianco
di Paola Caravona 
 Edizioni Leucotea


Bianco come... 
Bianco; immaginate un mondo dove il colore predominante è il bianco. Bianco come la neve che copre ogni cosa, cancellando forme, spessori e rumori.
E adesso, provate a immaginare una vita, anzi, un matrimonio, dove emozioni e sentimenti sono bianchi. 
È cosi che Paola Caravona descrive il matrimonio tra Stella ed Edoardo. Un rapporto appiattito dalla routine, dall’accettazione supina dello stato delle cose, dall’immobilità. Un matrimonio dove persino le lenzuola sono di un bianco abbacinante; troppo bianche, perché le cose tra i due possano davvero funzionare.
E in tutto questo bianco, Stella si sente prigioniera di un destino che lei stessa paragona a un cerchio bianco: una forma che non ha né inizio né fine, un ingranaggio dal quale si sente travolta e risucchiata, ma al quale sfuggirà grazie alla sua passione per il Reiki.

Reiki
Sinceramente non ne sapevo molto, e quindi mi sono documentata, incuriosita dalla determinazione con cui Stella decide di lasciare Trento, città dove vive con Edoardo, per trasferirsi a Londra, dove farà un tirocinio presso la clinica del Dottor Martin.
Il Reiki è una tecnica naturale di riduzione dello stress, di rilassamento e ripristino della salute fisica attraverso l’uso dell’ “Energia universale”, ovvero l’energia che permea l’universo e costituisce il “mattone” fondamentale di ogni cosa vivente o inanimata. Il Reiki è anche definito come una tecnica di auto-guarigione, in quanto viene spesso utilizzata dall’operatore Reiki su di sé. Proprio in questo sta la bellezza del Reiki: nella sua versatilità, nella possibilità di adattarne tempi e modi alle proprie esigenze e al proprio stile di vita, come un dono fatto a se stessi.
L’energia non è quella propria dell’operatore, ma viene prelevata all’esterno e canalizzata; in pratica l’operatore Reiki è come un filo della luce: una volta connesso con la fonte primaria, può attingere tutta l’energia di cui ha necessità, lasciando che questa scorra dolcemente dentro di sé per uscire dalle mani. Non sono quindi necessarie doti personali, tutti posseggono “l’impianto elettrico”, occorre solo attivarlo.

Essere e non fare
Ed è proprio a questo che mirano gli sforzi di Stella, le sue decisioni così improvvise e, a volte, persino incomprensibili a se stessa. Stella è sì un’operatrice Reiki, ma è soprattutto una donna che sta cercando la sua Energia universale; quella forza che porrà fine alle sue paure e titubanze, che le farà capire di essere diventata esattamente la persona che voleva essere, e di trovarsi con le persone e nel luogo che la vita aveva stabilito per lei.
Ciò che la spinge a chiudere un rapporto sentimentale esaurito e a gettarsi con un’irruenza quasi folle in una nuova storia d’amore che coronerà anche il suo desiderio di maternità, non è tanto il destino o fato, intesi come ineluttabilità degli eventi, quanto la ricerca del suo essere più profondo: quella parte di sé che,  a parte Anne, la sua migliore amica, e Alan, il nuovo compagno, è ancora troppo spesso avvolta dal bianco delle convenzioni, del passato, dei legami familiari.
Il percorso di Stella può essere preso come esempio del cammino che tutti noi dobbiamo intraprendere per poter arrivare al nocciolo della nostra esistenza, una volta sfrondato da tutto ciò che ce lo rende bianco, invisibile. E come Stella ricorda più volte nel romanzo, ciò è possibile quando ci rendiamo conto che la nostra essenza non sta nel fare, ma nell’essere.
Pur non conoscendo personalmente Paola, credo che lei stessa viva in prima persona la passione per il Reiki, o almeno questo è quanto traspare chiaramente da certi atteggiamenti di Stella, dalle sue inquietudini e dalla sua vittoria finale sul mondo dell’effimero.
Dolcissime e rassicuranti, come solo la pace interiore raggiunta dopo un lungo tormento può dipingerle, sono le scene di vita nel cottage in Irlanda. Qui la prosa elegante e delicata di Paola si colora di poesia: la poesia dell’essere umano che si è ricongiunto con la parte migliore di sé.

Conclusioni
Un romanzo di grande speranza per un mondo, dove all’attenzione per gli aspetti negativi della vita viene dato molto più risalto che non a quelli positivi. Ecco, direi che Il cerchio bianco suggerisce e propone un cambio di prospettiva da cui tutti potremmo trarre grandi vantaggi per la nostra crescita interiore.
Il mio ringraziamento personale a Paola per avermi fatto scoprire questa tecnica, semplice, immediata e di grande potenza.   




mercoledì 30 agosto 2017

Dani #13: Pensieri e parole 2




Pensieri e Parole 2
(i miei, le mie)
                     
                        Sarà l'età che inesorabilmente avanza e mi porta a cogliere e assaporare con più lentezza particolari ed emozioni che, altrimenti, si perderebbero in questa grande corsa che è la vita, ma è tornata a farsi sentire la vena poetica che è in me.

                        Non so se per voi, cari visitatori di questo blog, questa sia una buona o cattiva notizia, ma io vi propongo alcune tra le mie ultime riflessioni in versi. 

                        D'altro canto, ogni poesia è una creatura che si fa strada dentro di me e urge, spinge, scalpita finché non vede la luce, e, come tutti sanno, ogni scarrafone è bello a mamma sua :-)

                       Buona lettura e serenità a tutti!


Amore senza tempo

Cade lieve la pioggia,

scivola sui vetri  appannati

di questo amore

che il tempo ha declinato


 -   Presente   -


Mi guardo allo specchio;

ci sono tutti i miei difetti,

li conto uno ad uno


-   Imperfetto  -


questo mio corpo,

dentro al quale sono imprigionate

eccitazioni lente


-   Passato  -


l’attimo fuggito e già dimenticato,

in cui le mani spargevano

fragili petali di pienezza


  -   Futuro  -


verrà una nuova primavera

sui rami secchi


di questo amore senza tempo.





Ascolto la pioggia

Ascolto la pioggia

cantare

tra foglie assetate di vita.


Lampi ormai spenti

accendono nubi vuote

come i nostri pensieri

in questa sera d’estate.


Cartoline scolorite dal tempo,

e valigie ancora disfatte;

queste lacrime sono parole distanti

che non mi appartengono più.


Ascolto la pioggia

cantare

tra foglie assetate di vita.


C’è un arcobaleno

dai mille colori

nel cielo

di questa sera d’estate,

mentre

canta la pioggia

che danza leggera

sulla strada bagnata di sogni,

dove perdo e ritrovo

il ricordo di te.



Battito d’ali

Se vuoi imparare a volare,

fallo senza voltarti indietro;

non troverai nessuno a tenerti la mano,

quando spiccherai il volo.



Ma tu alza lo sguardo lassù;

là dove il cielo

è un battito d’ali,

che sfiora la luce del sole

col suo canto più dolce.



E se un giorno vorrai tornare,

cercami nell’ombra al tuo fianco;

niente potrà separare

il sogno dalla fantasia.



Il mondo in una mano


Ho provato a tenere il mondo

in una mano;


a guardarlo attraverso

occhi che hanno visto

le cime e gli abissi dell’anima;


ad amarlo col cuore

di chi

ha viaggiato dentro tempeste

e ballato sotto l’arcobaleno.


Ma quella mano

non sostiene più i miei passi

di funambolo

sul filo della vita;


quegli occhi

non mi accompagnano sull’altalena

che mi faceva volare

su fino al cielo,


e quel cuore

non batte in silenzio

per ascoltare

il mio respiro addormentato.



Ho smesso di tenere il mondo

in una mano

e l’ho lasciato scivolare

tra le dita.