lunedì 22 maggio 2017

Recensioni & Co #11: Figlia della mattanza





Figlia della mattanza

di  Melina Craxi

Sofia: una bambina che si racconta in una Sicilia che, metaforicamente, diventa la porta di quell’Inferno a cui lei sembra essere stata destinata da quella vita che, troppo presto, l’ha gettata in un’arena fatta di violenza, abusi sessuali e droga.

Una madre, Carmen, prostituta che sfoga le sue frustrazioni e il suo fallimento dentro alcol e psicofarmaci e un padre, morto impallottolato e bruciato vivo, che avrebbe voluto avere accanto nella vita. Una sorella, Marta, che la odia per il solo fatto di esistere e perché colpevole di aver avuto, anche se per poco, un padre che le voleva bene e non voleva lasciarla.

Un’infanzia negata fatta di cinghiate, calci, pugni, giochi e attenzioni sessuali da parte di uomini maturi, e istituti, dove Sofia impara, suo malgrado, a sopravvivere perché, dopotutto, lei è forte: sicuramente più di quelli che non hanno visto così da vicino quell’Inferno che, da sempre, è l’unico posto in cui Sofia si sente davvero a casa.

E poi la droga: quel buco che è la strada più breve per incontrare i suoi demoni interiori, per affrontarli e guardarli in faccia insieme ad altri disperati come lei, ma, soprattutto, con Vittorio. Vittorio, l’uomo con cui condividerà la paranoia dei viaggi per procurarsi l’ero o la coca, e l’esaltazione della libertà allucinata che ti fa uscire da quel corpo che è diventato una gabbia: quella gabbia in cui la vita l’ha vomitata senza possibilità di scelta né di scampo.

Eppure, in quell’inferno di brutalità e orrore, Sofia riesce a scorgere degli sprazzi di felicità, breve ma reale come l’amore di Massimo che si lascia sfuggire un ti amo, e tanto basta perché Sofia-fanciulla muoia sotto un cielo di stelle per rinascere donna.

Ma quella raccontata in prima persona da Sofia non è solo la storia di una generazione di giovani disadattati nella Sicilia degli anni 80 e 90: la sua è soprattutto la testimonianza di chi, al di là dell’età, del contesto sociale, delle circostanze della vita, sta cercando se stesso e lo sta facendo contro ogni probabilità di successo. Anche se tutto, in un destino che sembra già segnato fin dalla prima pagina, gioca a sfavore.

Tra le molte riflessioni e domande che Sofia fa e si pone nelle varie fasi della sua tormentata esistenza, una ritorna su tutte:  

Se c’è una cosa che forse ho imparato nella vita, è che spesso non si ha la possibilità di scegliere. Vieni sparato a caso sul mondo e, in base alla realtà nella quale precipiti, devi arrangiarti di conseguenza.

Perché ad alcuni è negato persino il bacio della madre e l’abbraccio del padre? Perché alcuni devono combattere fin dall’infanzia, senza alcuna speranza di un futuro che li riscatti dal male che ha marchiato a fuoco la loro pelle?

C’è tutto lo strazio e l’angoscia di una bambina che si sente abbandonata a se stessa e persa per sempre nel gesto di Sofia che

Fra le lacrime e con la speranza che solo i bambini ancora possono avere, scrivevo con un ditino “Venite a salvarmi. Vi prego.”

Nessuno correrà in suo aiuto. E allora Sofia dovrà trovare il modo di proteggersi, di rendere un po’ più vivibile quell’esistenza altrimenti destinata alla pazzia. Lo farà chiudendosi in un mondo tutto suo, costruendosi un’identità solare e spensierata di facciata con cui presentarsi al mondo e alle persone che, invece, vivono la normalità, e ponendo dei confini tra se stessa e il resto del mondo: perché Sofia, lei sa di essere una nota stonata nella melodia universale che governa tutte le cose.

Ma è veramente così? Viene da chiedersi, quando Sofia ci permette di leggere la sua lettera di addio all’amico Vittorio già morto: quel surrogato di padre al quale si è aggrappata nella sua ricerca disperata di affetto e calore umano.

È così, davvero? O, invece, Sofia, e noi con lei, ha fatto quelle scelte che, dentro di lei, sapeva l’avrebbero salvata da un destino ancor peggiore? 

Io sono da sempre figlia della mattanza, lotto per la sopravvivenza fin dalla nascita, stretta nelle reti d’acciaio che mi lacerano la pelle, fino a trapassarmi dentro. Intorno a me solo sangue e disperazione, nessuno è colpevole di aver scelto quella strada, è solo il destino di alcune vite, che verranno inscatolate, per la sopravvivenza di altri.

Forse non riusciremo mai a capirlo fino in fondo; quel disegno che prepara il nostro cammino su questa terra, ma se c’è una cosa che Sofia c’insegna con la sua storia è che, per quanto buio, solitario, amaro, noi quel cammino dobbiamo percorrerlo, come un lancio ad occhi chiusi nel vuoto. 

Poi saranno le nostre scelte a salvarci o a dannarci. 




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