Figlia della mattanza
di Melina Craxi
Sofia: una
bambina che si racconta in una Sicilia che, metaforicamente, diventa la porta
di quell’Inferno a cui lei sembra essere stata destinata da quella vita che,
troppo presto, l’ha gettata in un’arena fatta di violenza, abusi sessuali e
droga.
Una madre,
Carmen, prostituta che sfoga le sue frustrazioni e il suo fallimento dentro
alcol e psicofarmaci e un padre, morto impallottolato
e bruciato vivo, che avrebbe voluto avere accanto nella vita. Una sorella,
Marta, che la odia per il solo fatto di esistere e perché colpevole di aver avuto, anche se per poco, un padre che
le voleva bene e non voleva lasciarla.
Un’infanzia
negata fatta di cinghiate, calci, pugni, giochi e attenzioni sessuali da parte
di uomini maturi, e istituti, dove Sofia impara, suo malgrado, a sopravvivere
perché, dopotutto, lei è forte: sicuramente più di quelli che non hanno visto
così da vicino quell’Inferno che, da sempre, è l’unico posto in cui Sofia si
sente davvero a casa.
E poi la
droga: quel buco che è la strada più breve per incontrare i suoi demoni
interiori, per affrontarli e guardarli in faccia insieme ad altri disperati
come lei, ma, soprattutto, con Vittorio. Vittorio, l’uomo con cui condividerà
la paranoia dei viaggi per procurarsi l’ero o la coca, e l’esaltazione della
libertà allucinata che ti fa uscire da quel corpo che è diventato una gabbia:
quella gabbia in cui la vita l’ha vomitata senza possibilità di scelta né di
scampo.
Eppure, in
quell’inferno di brutalità e orrore, Sofia riesce a scorgere degli sprazzi di
felicità, breve ma reale come l’amore di Massimo che si lascia sfuggire un ti amo, e tanto basta perché
Sofia-fanciulla muoia sotto un cielo di stelle per rinascere donna.
Ma quella
raccontata in prima persona da Sofia non è solo la storia di una generazione di
giovani disadattati nella Sicilia degli anni 80 e 90: la sua è soprattutto la
testimonianza di chi, al di là dell’età, del contesto sociale, delle
circostanze della vita, sta cercando se stesso e lo sta facendo contro ogni
probabilità di successo. Anche se tutto, in un destino che sembra già segnato
fin dalla prima pagina, gioca a sfavore.
Tra le molte
riflessioni e domande che Sofia fa e si pone nelle varie fasi della sua
tormentata esistenza, una ritorna su tutte:
Se c’è una cosa che forse ho imparato nella vita, è che spesso non si
ha la possibilità di scegliere. Vieni sparato a caso sul mondo e, in base alla
realtà nella quale precipiti, devi arrangiarti di conseguenza.
Perché ad
alcuni è negato persino il bacio della madre e l’abbraccio del padre? Perché
alcuni devono combattere fin dall’infanzia, senza alcuna speranza di un futuro
che li riscatti dal male che ha marchiato a fuoco la loro pelle?
C’è tutto lo
strazio e l’angoscia di una bambina che si sente abbandonata a se stessa e
persa per sempre nel gesto di Sofia che
Fra le lacrime e con la speranza che solo i bambini ancora possono
avere, scrivevo con un ditino “Venite a salvarmi. Vi prego.”
Nessuno
correrà in suo aiuto. E allora Sofia dovrà trovare il modo di proteggersi, di
rendere un po’ più vivibile quell’esistenza altrimenti destinata alla pazzia.
Lo farà chiudendosi in un mondo tutto suo, costruendosi un’identità solare e
spensierata di facciata con cui presentarsi al mondo e alle persone che,
invece, vivono la normalità, e ponendo dei confini tra se stessa e il resto del
mondo: perché Sofia, lei sa di essere una nota stonata nella melodia universale
che governa tutte le cose.
Ma è veramente
così? Viene da chiedersi, quando Sofia ci permette di leggere la sua lettera di
addio all’amico Vittorio già morto: quel surrogato di padre al quale si è
aggrappata nella sua ricerca disperata di affetto e calore umano.
È così,
davvero? O, invece, Sofia, e noi con lei, ha fatto quelle scelte che, dentro di
lei, sapeva l’avrebbero salvata da un destino ancor peggiore?
Io sono da sempre figlia della mattanza, lotto per la sopravvivenza fin
dalla nascita, stretta nelle reti d’acciaio che mi lacerano la pelle, fino a
trapassarmi dentro. Intorno a me solo sangue e disperazione, nessuno è
colpevole di aver scelto quella strada, è solo il destino di alcune vite, che
verranno inscatolate, per la sopravvivenza di altri.
Forse non
riusciremo mai a capirlo fino in fondo; quel disegno che prepara il nostro
cammino su questa terra, ma se c’è una cosa che Sofia c’insegna con la sua
storia è che, per quanto buio, solitario, amaro, noi quel cammino dobbiamo
percorrerlo, come un lancio ad occhi chiusi nel vuoto.
Poi saranno le nostre
scelte a salvarci o a dannarci.
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