martedì 27 giugno 2017

Recensioni & Co #12: La felicità vuole essere vissuta

  La felicità vuole essere vissuta 
                                                     
                                                     di 
                                                                     
                                        Loredana Limone

Non c'è dubbio: il quarto libro della saga di Borgo Propizio è diverso da quelli che l'hanno preceduto. Diverso per come la penna - e qui il sempre è d'obbligo! - impeccabile e affabulatrice di Loredana Limone tesse le vicende del borgo, diverso per lo spessore psicologico con cui i personaggi  - e qui, invece, c'è solo l'imbarazzo della scelta! - vengono accompagnati passo passo lungo le strade, le piazze e i vicoli borghigiani e dentro i turbamenti, le gioie, gli amori e i tradimenti dei loro cuori.

Diverso, semplicemente perché diversa è la Loredana Limone che ci ha spalancato le porte di questo piccolo, incantevole borgo d'altri tempi, e che adesso ci prende per mano per farci conoscere anche un pò la sua anima.

Sí, perché Borgo Propizio è un luogo dell'anima, del cuore e,  mai come questa volta, ad ogni pagina si sente battere il cuore dell'autrice.

Che,  mentre narra le vicende giocose,  divertenti, leggere, tristi o drammatiche di Gemma, Osvaldo,  Antonia, Claudia, Cesare, Dora,  Eros, Marietta,  Felice,  Mariolina,  Ruggero, Bartolomeo e Joyce Joy (non me ne vogliano tutti gli altri che non ho menzionato solo per questioni di spazio!), ci parla di sé. Lo fa con garbo, come è da lei,  tenendosi un pó in disparte ma, senza dubbio, è anche di sé stessa che ci racconta.
            
          Le sue creature si muovono, a volte con determinazione ed altre con maggiore incertezza, su quell’immenso e sempre mutevole scacchiere della vita, ora trionfando ora soccombendo alle casualità, alle sorprese, agli scherzi del destino. Ogni lettori troverà qualcosa che lo accomuna almeno a uno di questi personaggi, perché la loro umanità è così fragile e, al tempo stesso, unica da rendercela vicina e condivisibile (io, per esempio, ho gioito, in realtà è stato più un gesto istintivo con la mano accompagnato da un sonoro evvai!, quando Antonia in sogno manda a quel paese l’ingrato scrittore di successo Rubino).

Ed è proprio grazie a questa immedesimazione del lettore con i personaggi, fenomeno che  Loredana Limone rende possibile attraverso un linguaggio che magistralmente sfoggia tutti i registri della parlata e del sentire umano – momenti di poesia si alternano a esternazioni più crude, l’ironia va a braccetto con l’introspezione, e una delicata malinconia pervade anche i momenti di maggior tensione descrittiva -, che il messaggio del romanzo, puntualmente sintetizzato nel titolo, acquista ancora più forza.

La felicità non dà garanzie, non è un diritto acquisito per nessuno, ma è una conquista che ciascuno di noi può ottenere giorno per giorno: amando, lottando, cadendo e rialzandosi per ricominciare.

La felicità vuole essere vissuta, scrive Loredana, nel Borgo Propizio che vive nei nostri cuori, aggiungo io.