lunedì 22 maggio 2017

Recensioni & Co #11: Figlia della mattanza





Figlia della mattanza

di  Melina Craxi

Sofia: una bambina che si racconta in una Sicilia che, metaforicamente, diventa la porta di quell’Inferno a cui lei sembra essere stata destinata da quella vita che, troppo presto, l’ha gettata in un’arena fatta di violenza, abusi sessuali e droga.

Una madre, Carmen, prostituta che sfoga le sue frustrazioni e il suo fallimento dentro alcol e psicofarmaci e un padre, morto impallottolato e bruciato vivo, che avrebbe voluto avere accanto nella vita. Una sorella, Marta, che la odia per il solo fatto di esistere e perché colpevole di aver avuto, anche se per poco, un padre che le voleva bene e non voleva lasciarla.

Un’infanzia negata fatta di cinghiate, calci, pugni, giochi e attenzioni sessuali da parte di uomini maturi, e istituti, dove Sofia impara, suo malgrado, a sopravvivere perché, dopotutto, lei è forte: sicuramente più di quelli che non hanno visto così da vicino quell’Inferno che, da sempre, è l’unico posto in cui Sofia si sente davvero a casa.

E poi la droga: quel buco che è la strada più breve per incontrare i suoi demoni interiori, per affrontarli e guardarli in faccia insieme ad altri disperati come lei, ma, soprattutto, con Vittorio. Vittorio, l’uomo con cui condividerà la paranoia dei viaggi per procurarsi l’ero o la coca, e l’esaltazione della libertà allucinata che ti fa uscire da quel corpo che è diventato una gabbia: quella gabbia in cui la vita l’ha vomitata senza possibilità di scelta né di scampo.

Eppure, in quell’inferno di brutalità e orrore, Sofia riesce a scorgere degli sprazzi di felicità, breve ma reale come l’amore di Massimo che si lascia sfuggire un ti amo, e tanto basta perché Sofia-fanciulla muoia sotto un cielo di stelle per rinascere donna.

Ma quella raccontata in prima persona da Sofia non è solo la storia di una generazione di giovani disadattati nella Sicilia degli anni 80 e 90: la sua è soprattutto la testimonianza di chi, al di là dell’età, del contesto sociale, delle circostanze della vita, sta cercando se stesso e lo sta facendo contro ogni probabilità di successo. Anche se tutto, in un destino che sembra già segnato fin dalla prima pagina, gioca a sfavore.

Tra le molte riflessioni e domande che Sofia fa e si pone nelle varie fasi della sua tormentata esistenza, una ritorna su tutte:  

Se c’è una cosa che forse ho imparato nella vita, è che spesso non si ha la possibilità di scegliere. Vieni sparato a caso sul mondo e, in base alla realtà nella quale precipiti, devi arrangiarti di conseguenza.

Perché ad alcuni è negato persino il bacio della madre e l’abbraccio del padre? Perché alcuni devono combattere fin dall’infanzia, senza alcuna speranza di un futuro che li riscatti dal male che ha marchiato a fuoco la loro pelle?

C’è tutto lo strazio e l’angoscia di una bambina che si sente abbandonata a se stessa e persa per sempre nel gesto di Sofia che

Fra le lacrime e con la speranza che solo i bambini ancora possono avere, scrivevo con un ditino “Venite a salvarmi. Vi prego.”

Nessuno correrà in suo aiuto. E allora Sofia dovrà trovare il modo di proteggersi, di rendere un po’ più vivibile quell’esistenza altrimenti destinata alla pazzia. Lo farà chiudendosi in un mondo tutto suo, costruendosi un’identità solare e spensierata di facciata con cui presentarsi al mondo e alle persone che, invece, vivono la normalità, e ponendo dei confini tra se stessa e il resto del mondo: perché Sofia, lei sa di essere una nota stonata nella melodia universale che governa tutte le cose.

Ma è veramente così? Viene da chiedersi, quando Sofia ci permette di leggere la sua lettera di addio all’amico Vittorio già morto: quel surrogato di padre al quale si è aggrappata nella sua ricerca disperata di affetto e calore umano.

È così, davvero? O, invece, Sofia, e noi con lei, ha fatto quelle scelte che, dentro di lei, sapeva l’avrebbero salvata da un destino ancor peggiore? 

Io sono da sempre figlia della mattanza, lotto per la sopravvivenza fin dalla nascita, stretta nelle reti d’acciaio che mi lacerano la pelle, fino a trapassarmi dentro. Intorno a me solo sangue e disperazione, nessuno è colpevole di aver scelto quella strada, è solo il destino di alcune vite, che verranno inscatolate, per la sopravvivenza di altri.

Forse non riusciremo mai a capirlo fino in fondo; quel disegno che prepara il nostro cammino su questa terra, ma se c’è una cosa che Sofia c’insegna con la sua storia è che, per quanto buio, solitario, amaro, noi quel cammino dobbiamo percorrerlo, come un lancio ad occhi chiusi nel vuoto. 

Poi saranno le nostre scelte a salvarci o a dannarci. 




domenica 14 maggio 2017

Pagina #17: The make-up and me



The Make-up and Me
7 Domande a Serena Placier

Sono curiosa e mi piacciono le idee originali e le cose belle; per questo, quando ho ricevuto l’inviato a piacciare (esiste? Se no, l’ho appena inventato!) la nuova pagina Facebook di Serena Placier, non me lo sono fatta ripetere due volte.

A parte l’affetto per Serena, che non metto certo in secondo piano, la sua pagina The make-up and Me è proprio bella: perché Serena si occupa appunto di bellezza, cosmetici e cura del corpo.

Una pagina, esteticamente attraente come la sua ideatrice – giudicate un po’ voi dalle foto! J -, per aiutarci a stare bene con noi stesse. Perché sì, diciamo la verità, a volte proprio non riusciamo nemmeno a guardarci: tanti sono i difetti che ci troviamo! E allora… allora basta un bel trucco, uno di quelli studiati proprio per mettere in risalto i nostri punti di forza, per sentirci subito meglio!

        Ecco quindi che mi sono detta: perché non intervistare Serena, e scoprire qualcosa in più della sua passione?  E magari, carpire qualche semplice trucchetto per migliorare il nostro benessere?

         Detto  fatto, parto subito con le fatidiche 7 domande, e forse più, alla mia ospite di oggi:

Daniela  Domanda ovvia e inevitabile, Serena. Da cosa nasce e quando hai scoperto la tua passione per il make-up in generale?

Serena Fin da molto piccola, quando mi sedevo in bagno a guardare mia mamma truccarsi per uscire. Ricordo che mi affascinava tantissimo vederla usare tutti quei colori e, agli occhi di una bambina di 5-6 anni, era come se la mamma stesse “colorando” la propria faccia, quindi diventava automaticamente fonte di interesse. Ogni tanto mi lasciava usare i suoi trucchi, e per me era sempre un divertimento totale (anche se spesso finivo per rovinarli). La passione è cominciata così, poi è continuata tramite YouTube, con i milioni di tutorial che guardavo (e guardo ancora) religiosamente, e i social media, fino ad oggi; adesso il mio bagaglio di conoscenze è diventato tale da spingermi ad aprire un mio piccolo spazio nel web, prima su Instagram e poi su Facebook, per condividere quello che ho imparato e, chissà, qualcosa di nuovo magari.

 Daniela  Quando ti trucchi - e a te non servirebbe neanche, lasciatelo dire! -, o quando trucchi qualcuno, qual è la tua prima sensazione? Di solito sei subito soddisfatta del risultato o provi e riprovi, fino a trovare l’effetto finale perfetto?

Serena  Per me truccarmi o truccare è innanzitutto molto terapeutico, mi aiuta a distrarmi se sono agitata, mi rilassa. A volte resto davanti allo specchio anche per ore e, quando inizio, non so mai quale sarà il risultato. La riga di eyeliner sarà uguale per entrambi gli occhi? Le sopracciglia verranno simili? Chi lo sa! E penso che il divertimento stia proprio in questo.



Daniela  Devo assolutamente dirti che mi sono piaciuti un sacco gli abbinamenti tra make-up e personaggi del mondo Disney che hai creato sulla tua pagina! I cartoni animati sono la tua fonte di ispirazione o hai altri soggetti come modelli di riferimento?

Serena   Io adoro i cartoni Disney! Mi sono sempre piaciuti e spesso li riguardo, anche ora all’età di 21 anni. L’idea di creare i make-up ispirati alle principesse Disney, mi è venuta proprio così. Tuttavia, non sono l’unica fonte d’ispirazione per me: mi piace ricreare anche i look che alcune celebrità indossano ad eventi mondani importanti, come gli Oscar o i Golden Globe. O semplicemente li creo io stessa, anche in base a quello che so valorizza le mie caratteristiche, ispirandomi magari ad altri make-up artist.



Daniela  Ma svelami un segreto – almeno uno, dai! -, ci sono delle regole base a cui tutte le donne devono attenersi, oppure ogni donna deve crearsi il proprio trucco personalizzato? E quanto è importante usare dei buoni cosmetici?

Serena  Il trucco è una taglia unica: sono dell’idea che tutti possiamo e dobbiamo sperimentare e indossare quello che ci fa stare bene.  Penso che ci siano delle regole, ma allo stesso tempo penso anche che ogni persona possa reinventarle, e adattarle alle proprie necessità, alla propria personalità, al proprio umore e stato d’animo del momento. Per quanto riguarda la scelta dei cosmetici, raccomando sempre di sceglierli con cura, (ma anche in questo caso dipende da persona a persona) e di non tenerli troppo a lungo, perché possono causare infezioni e rovinare la pelle o addirittura peggiorare problemi già presenti, anziché aiutare a coprirli.


 
Daniela  Lo do per scontato: una brava make-up artist è anche un’ottima psicologa. Qual è il tuo metodo per individuare i punti di forza, insomma le parti da valorizzare, nel viso della persona che ti sta di fronte?

Serena  Mi piace molto truccare le persone, e, anche se sono più abituata a farlo su me stessa, mi piace prendere in prestito il viso di mia sorella e delle mie amiche, per far pratica su diversi tipi di pelle e diversi lineamenti. Penso che il segreto, per individuare i pregi e i piccoli difetti sul viso di qualcuno, sia saper osservare con attenzione. L’obiettivo non è mai quello di trasformare completamente la persona che trucco, ma valorizzare i punti di forza già presenti, a partire dal colore degli occhi, la forma delle sopracciglia e addirittura la struttura ossea del viso; stessa cosa per i piccoli difetti su cui intervenire per bilanciare meglio il viso, come  un naso importante o una fronte molto ampia.



Daniela  Ma una make-up artist può permettersi il lusso della sincerità? In altre parole, ti sei mai trovata a dover bocciare il look di un’amica e se sì, come hai superato l’ostacolo? Si sa, noi donne siamo molto permalose…

Serena  Su questo non c’è dubbio, noi donne siamo terribili molte volte. Essendo così appassionata di make-up guardo sempre come le persone sono truccate; è una cosa a cui faccio sempre caso, e purtroppo molte volte mi trovo costretta a bocciare  – per usare il tuo termine – un determinato look. Se si tratta di un’amica magari glielo faccio capire in modo velato, o le offro il mio aiuto per aiutarla a valorizzarsi meglio. Ma se invece si tratta di una sconosciuta, preferisco tacere. Alla fin fine, come ho detto, il trucco deve fare star bene e aiutare a piacersi, e questo è sempre soggettivo.



Daniela Che effetto ti fa la sorpresa e la gioia che vedi negli occhi di una persona che hai appena finito di truccare e che si ammira allo specchio?  Pensi che in futuro questa tua passione possa diventare qualcosa di più di un hobby?

Serena  Di sicuro mi fa molto piacere e dà anche una grande soddisfazione ricevere complimenti. Al momento il make-up è solo un hobby, una distrazione per staccare dallo stress dello studio: l’università, a cui do la precedenza, prende molto del mio tempo! Anche se, lo ammetto, mi piacerebbe passare tutte le mie giornate a truccarmi, per ora in cima alla lista delle priorità ci sono gli esami e le mie responsabilità: questa pagina resta comunque un piccolo rifugio, dove posso sfogarmi e dare spazio alla creatività.



             Che altro aggiungere? Puntata glitterosa, non c'è dubbio! E, se anche a voi ha fatto lo stesso effetto, adesso andiamo tutte a visitare la pagina Facebook The Make-up and me, dove possiamo seguire Serena e i suoi preziosi consigli per un trucco sempre glamour. 

Grazie Serena, un bacione e un grosso in bocca al lupo per tutto!


mercoledì 10 maggio 2017

Dani #11: Pillole di me


Pillole di me

Oggi ho voglia di giocare: a prendermi un po’ in giro, a sdrammatizzare, a ridere di me all’ombra delle mie serene manchevolezze. E lo faccio con tante pillole colorate che ricordano stati d’animo diversi, ma sempre complementari: felicità e malinconia, umorismo e serietà. Piccoli assaggi di sogni, illusioni, delusioni, fragilità e certezze.

Perché così è la vita: basta saperla prendere a piccole dosi!

Bevo la vita

La questione sta tutta dentro un bicchiere; di Barolo o Bardolino, quel che conta è che sia un vino buono e sincero. Uno di quelli che mandano in estasi le papille con aromi di spezie e sottobosco e che, quando scendono giù per la gola, sai già che abbatteranno tutte le tue barriere.

            Nessun vino mi ha mai delusa, nessuno mi ha mai abbandonata, dopo avermi fatto girare la testa. Di solito sono io a scegliere lui, e non viceversa: è il bello di questa nostra relazione mai banale, quasi sempre barricata e, a volte, barcollante. 

E stasera, una come tante, sono uscita di punto in bianco e adesso sono qui seduta in questo bar: io e una bottiglia di un vino bianco, frizzante, che mi ha già riempito la testa di mille bollicine. Boom boom le sento esplodere una alla volta e non riesco a trattenere una risata che mi scoppietta sulla labbra come il respiro di un cavallo bolso.

            «Ehi tu, barman! Voglio offrirti un goccio - dai forza! - bevi alla mia salute!» Biascico, mentre allungo la bottiglia, ormai vuota, all’uomo con una bandana a stelle e strisce sulla fronte che mi guarda da dietro il bancone.

            «E non stare lì a fissarmi come un baccalà! Che c’è, non hai mai visto una signora un po’ brilla? Non sarai uno di quei bellimbusti che con le donne pensano di poter fare il bello e il cattivo tempo?» Ma già la testa mi cade pesante come un macigno e le parole si smorzano in un balbettio confuso.

            Orme di passi sulla battigia risplendono sotto la luce biancastra delle stelle. È buio, ma riesco a contarle. La musica di una balera sulla spiaggia mi porta il ritmo di una bachata languida dentro il calore di questa notte estiva. La ascolto e i battiti del mio cuore accelerano impazziti come i nostri fianchi allacciati.

Con la mano allontano dagli occhi l’ultimo barlume di  coscienza che mi impedisce di assaporare tutta questa beatitudine, e mi abbandono: ai tuoi baci che esplorano la mia pelle, alle tue braccia che stringono il mio domani. Mi basta solo un attimo ancora per sapere che sei tornato da me; un ballo, un altro, e resterai con me, eternamente bello come un dio greco.

            La musica incalza e martella le mie tempie. No, questo è davvero un martello – niente potrebbe fare tanto baccano! – che batte incessante nella mia testa e un brusio di voci lontane lo accompagna come un’orchestra stonata.

            «Sveglia, signora!, sveglia! Dobbiamo chiudere» Sta gridando l’uomo con la bandana e  il tuo volto abbronzato scolora sul fondo del mio bicchiere.

            Mi alzo e barcollo verso l’uscita; non ho più un briciolo di dignità, e lo stomaco brucia come l’inferno, dove un giorno ritroverò i tuoi occhi che ho perso dentro una bottiglia.



Fermo Posta Felicità

Fermo Posta Felicità.  Sembra il titolo di un film, vero? E, invece, potrebbe essere quello della mia vita; una vita trascorsa nella folle ricerca dell’amore, quello con tutte le lettere maiuscole, naturalmente. L’amore che – e sono certa che è stato così anche per voi! -  ci hanno insegnato a sognare fin da fanciulle: quello che finisce col matrimonio e una fila di figli da poterci fare una squadra di calcetto, tanto per capirci. Già quell’amore…

Moglie fedele, regina del focolare e madre di famiglia, così era stata mia madre, così sarei diventata anch’io. Il mio futuro era già segnato e, per anni, questi erano stati i punti fermi della mia vita, finché un giorno era comparso lui: Federico, professore di filosofia. Ci eravamo messi a chiacchierare mentre aspettavamo il filobus 73; scesi in Piazzale Famagosta avevamo cominciato a scambiarci furiosamente opinioni e baci, e alla fine di febbraio ci stavamo già sposando a Firenze, la sua città natale. A raccontarlo sembra una follia, ma – vi assicuro – abbiamo vissuto felici e contenti per una decina d’anni come nelle più belle fiabe.

Poi - non so nemmeno io come - perdemmo il filo dei nostri discorsi sempre più frammentari, finimmo con l’annichilirci a vicenda e, finalmente, cessammo di esistere l’uno per l’altra. Fuori dalla mia vita! Esultai, ma la fibrillazione euforica durò il tempo di un fuoco d’artificio.

Seguirono giorni pieni di false partenze, e notti senza fissa dimora dentro letti fugaci che abbandonavo con fughe degne di Fantômas, non appena percepivo nell’aria sentore di relazione fissa. Fragilità il tuo nome è donna, ma nel mio caso era facilità.

Una tipa facile, una femmina mangia uomini: falsa, fedifraga e col fanculo sempre pronto per mettere la parola fine a una storia. Questo era diventata la fanciulla con le farfalle nel cuore che, adesso, farneticava di finti organismi e giocava con flebili lamenti sfiorando con le dita una tastiera, come un tempo faceva con la fronte febbricitante di un fidanzato.

In quel fiume straripante di profili fake e foto ritoccate in cui mi tuffavo ogni notte, in fondo in fondo speravo di trovare qualcuno che riuscisse a portare in salvo la donna che, faticosamente, ancora fremeva per quel sogno d’amore eterno finito con una firma davanti a un giudice frettoloso.

Click dopo click mi ritrovai, fatalmente, a cercare emozioni sempre più forti per saziare la mia fame bulimica di vita. Funambola senza rete camminavo sul filo del pericolo, stordendomi di sesso e “fumo” come una falena attratta dalla luce di un falò.

Facce e voci sconosciute riempivano le mie notti, finché una lama fredda in un vicolo senza nome fermò la mia lucida frenesia di distruzione. Fu il rosso del mio sangue sull’asfalto a farmi decidere di spegnere quel fuoco infernale che aveva mandato in fumo la mia vita.

Fermo Posta Felicità è il mio nuovo recapito: un indirizzo senza francobollo, un angolo fatato di mondo, o, forse, uno spicchio di cielo, dove non fermano corriere e non passano né strade né ferrovie.

Fantasie! direte voi, ma – fidatevi! –  sta in queste tre parole la mia nuova identità; sono tornata ad essere la fanciulla con le farfalle nel cuore di tanto tempo fa, e non mi è servito nient’altro per riprendere a volare in alto sulle ali della mia felicità.




Localmente mosso

Localmente mosso. Lascio le lenzuola dove non trovo più il calore del tuo corpo e scendo in cucina. Nel lavello piatti sporchi e padelle incrostate mi osservano. Passo oltre e mi verso una tazza di caffè;  il liquido denso e nero agita i miei pensieri.  Te ne sei andata,  lieve come la neve che si scioglie prima di toccare il mare. Guardo fuori dalla finestra e un cielo livido e freddo  mi dice che oggi non andrò al lavoro. Oggi ho solo voglia di spegnere il cervello e leccarmi il cuore. Piatti sporchi e padelle incrostate nel lavello; li laverò domani.

C’è un solo luogo dove riesco a lasciarmi andare, dove il tempo scorre più lento e lecca la mia mano come un gatto dalla lingua ruvida. E mentre ascolto il respiro del mare che mi insegue e si ritrae, provo a lisciargli il pelo, per farmelo amico.

Spruzzi di onde tagliano la mia pelle come lame di sale, mentre cammino sulla sabbia scura. Un gabbiano stride alto nel cielo; non ci sono conchiglie oggi sulla spiaggia e nemmeno frammenti di libertà.

Siamo sempre stati una contraddizione lampante, io e te. Liti violente e  lassi di tempo senza una parola. Troppo diversi, discordanti, inconciliabili, io e te. Luna e sole giravamo su orbite lontane, in una Via Lattea che solo noi abitavamo. Ci siamo sfiorati, scontrati e allontanati; per poi tornare a ripetere tutto daccapo come se stessimo seguendo due linee rette. Perfettamente dritte e mai destinate a divenire una sola.

Eppure siamo stati così lacunosamente uguali, io e te.  Più simili nel male che nel bene, ci siamo presi, lasciati e poi ripresi: completamente persi in un labirinto di lussuria e leggerezza. Abbiamo bevuto insieme lacrime liberatorie, lordato lenzuola intrise dei nostri languori e scritto sulle labbra i nostri peccati.

Legami e liberami; è sempre stato questo il nostro gioco. Io cercavo di legarti ai miei sogni, tu volevi liberarti per poter tornare da me. Tu desideravi legarmi ai tuoi giorni lenti, e io liberarmi dai miei perché. Incatenati come schiavi l’uno all’altra non abbiamo mai alzato il capo al cielo; quel cielo che, intanto, splendeva limpido e luminoso sopra di noi.     

 Lingue di sabbia luccicano sotto i miei piedi che ancora ricalcano le tue orme lontane. Te ne sei andata, lieve come la spuma che non arriverà a domani. Ladra di sogni non hai lasciato nulla dietro di te. Neanche la rabbia e il tuo nome da gridare al vento. Guardo il gabbiano cullarsi sull’orizzonte, mentre lampi salmastri lambiscono le mie guance.

Localmente mosso. Ho spento il cervello, ma non sei tornata. Il letto mi aspetta con le lenzuola sfatte che ancora mi parlano di te; in questa casa che non ha luci né specchi, e dove il tuo respiro non è più su di me. Passo accanto al lavello; piatti sporchi e padelle incrostate mi scrutano muti. Oggi ho solo voglia di leccarmi il cuore e lustrare il dolore. Li laverò domani. Domani.




Peanuts

Porco. Del porco non si butta via niente, e tu eri un porco. Sissignore, un gran porco. E allora perché non ho tenuto nulla di te?

            Come dice il proverbio, o forse era una parabola? Non gettate le perle ai porci e, per la miseria, con tutte quelle che ti ho dato avrei potuto farci un’intera parure: collana e orecchini pendant.

            Penelope tesse la tela e la disfa di notte per non andare in sposa ai Proci. E Ulisse intanto se la spassa sull’isola con Circe che tramuta i suoi poveri compagni in porci. Paese che vai, usanze che trovi, ma in qualsiasi posto capiti è pacifico che del porco non si butta via niente; neanche il piede che, palesemente, si tramuta in zampone.

            Parole, parole, parole. Brutta puttana del Peloponneso! Urlavi quando tornavi dal pub dove avevi perso cinque mani di poker e pagato altrettante pinte di birra ai tuoi parchi paesani. E io passavo le pene dell’inferno a fare e disfare una tela di pelo di cane morbido come il vecchio Argo. Un cane pastore bastardo che amava spaventare le pecore, e poltriva interi pomeriggi sulla porta di casa.

            E se, invece di una tela pidocchiosa, avessi giocato con la palla di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo? Ma come proseguiva la filastrocca? Ah sì, e tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla. Un pescatore getta le reti nel mare profondo. Ehi lei, pesca i persici? O che non si vede che codesta è la palla di Apelle?

            Volere è potere, dormire è forse sognare, pensare è la prova dell’esistenza. Ma chi pensa col pene compie peccato mortale o veniale? Auto parcheggiate in doppia fila attendono di far salire a bordo prostitute molto professionali: sesso protetto e tute di pelle nera.

            Ulisse non è ancora tornato e Telemaco grida papà, mentre piange a dirotto. O forse chiede la pappa? Il vecchio Laerte gira per casa col pappagallo e la sua prostata infiammata non ha una bella cera.

            Tessi la tela, disfa la tela; quasi, quasi stasera vado in pizzeria col più piccolo dei Proci, tanto per distrarmi un po’. Ma se esco, poi chi cambia il pannolino a Telemaco e il pannolone al vecchio piscione?

            Ho capito, anche stasera plaid, divano e tisana al pino mugo (peccato la play-station ancora non c’è!). Metto un post-it sul frigo: torna Ulisse, prima o poi…

            Tessi la tela, disfa la tela, ma che palle! Perché proprio a me? Squilla il telefono e mi passano Apelle. Pare abbia perso la sua palla di pelle di pollo. Forse, non so.





Tempo al tempo

Tic, tac, tic, tac. Tempo; batte veloce sui tacchi come un ballerino di tip tap in una corsa tachicardica a tutto ritmo.  Prendi tempo se non ce l’hai, perdi tempo se non sai come trattenerlo tra le dita tremanti quando scorre tedioso. Manca il tempo: sempre, tragicamente. Non so se ce la farò a non ascoltare il trascorrere del tempo. No, devo tacere e smettere di pensare. Tralascio teoremi che non mi appartengono e taccio nomi che non conosco: devo tenere il tempo.  

Tic, tac, tic, tac. Tempo; non basta mai come i baci di due amanti separati troppo a lungo. Siediti e lascia scorrere tutto. Solo tu puoi guardarti dentro: tempo presente, passato e futuro. Tempo infinito che sembra finito. Un pianto lontano mi travolge come un mare in tempesta; sale la marea e trascina via tutto in un vuoto senza tempo. Ho paura del tempo che non trovo, ma che cerco, testardamente. Non ho più tempo di telefonare, telecomandare, taggare e twittare. Non so quanto durerà il mio tempo e forse non saprò mai dare tempo al tempo.

Tic, tac, tic, tac. Tempo; si tende come un filo sottile che tiene uniti due punti infiniti: io e te. Ho tante cose da fare, non toglietemi il tempo! Che senso ha concedere tempo se poi un giorno finirà? No, non voglio saperlo! Chi mi insegnerà come rinunciare al tempo? Ho sperato, tenacemente, di non trovarmi da sola a dire addio al mio tempo. Dove va a finire il tempo?

Tic, tac, tic, tac. Tempo; datemi il tempo che un ladro taciturno mi ha rubato dentro notti tenebrose. Il tempo di lasciare le cose che mi sono appartenute, le persone che non mi apparterranno più, i miei talenti nascosti sotto un tumulo di terra scura. Datemi il tempo e lasciatemi piangere il tempo che non ho. Si alzano le onde e il mare mi avvolge nel suo tempo senza orizzonte. Tremo, sotto un temporale di fulmini titanici, perché so che, quando il mio tempo finirà, non avrò avuto il tempo: per tutto, per tutti.

Tic, tac, tic, tac. Tempo; ti ritrai come un guerriero timoroso davanti all’eternità. Basta, basta con questa tortura! Perché tergiversare ancora? Chiudo gli occhi, mentre ascolto il tuo battito tiranno che tregua non da’. Sto solo sprecando del tempo, ma ancora temporeggio, mentre lacrime turgide mi bagnano il petto.


Tic, tac, tic, tac. Tempo; insieme a te ho tessuto trame di sogni, trapunto il cielo di stelle e tracciato sentieri umidi sulla pelle. Stendo le mani e già non mi appartieni più: a te mi aggrappo, tenue filo di luce, a te che trionfante mi traghetti nell’immortalità.


martedì 9 maggio 2017

Recensioni & Co #10: Il viaggio d'amore del tonno

Il viaggio d’amore del tonno
Un viaggio d’amore enogastronomico in Sicilia

di Ilaria Grasso e Seby Conigliaro

La prima cosa che mi ha colpita di questo libro è stata la copertina: indubbiamente originale. Poi mi sono lasciata trasportare dalle suggestioni del titolo: viaggio d’amore di un tonno, sicuramente non è una cosa di cui si sente parlare tutti i giorni. E infine il sottotitolo: viaggio d’amore enogastronomico, praticamente come dire due piccioni con una fava.

Sì, perché questa raccolta di racconti – tredici in tutto scritti da Ilaria Grasso, ed esaltati dalle ricette del brillante chef Seby Conigliaro  - sono un riuscitissimo connubio di cibo e sentimenti. Sentimenti che, così come gli ingredienti di una ricetta, in dosi diverse, ne modificano i sapori, variano dall’amore fedele ed eterno, a quello paterno, filiale, al sesso mercenario, passando per l’empatia che nasce, naturalmente, tra cuori puri e per “sorprendenti” amicizie.

Non so se i racconti sono stati l’espediente per raccontare ricette che, già sulla carta, mettono l’acquolina in bocca – e  lo dice una che in cucina è un Master Disastro! – o se, viceversa, sono state le ricette ad ispirare i racconti, ma poco male. Quello che ho trovato geniale e perfetto è l’impasto - tanto per restare in tema -,  il connubio tra amore e cucina.

Perché come scrive Ilaria: … è mia convinzione che esista un circolo virtuoso, per cui la fame sia acuita dal provare un sentimento, e che il soddisfacimento della fame generi di per sé dei buoni sentimenti.

Cucinare come atto d’amore, il più immediato e spontaneo, che unisce gli esseri umani in quel loro interminabile viaggio d’amore verso la sopravvivenza: lo stesso per mezzo del quale, in un rito in cui si confonde una sacralità pagana e cristiana, i tonni si fanno cibo d’amore per i pescatori e le loro famiglie.

Ospite magnifica e prepotentemente presente in tutti i racconti è la Sicilia: isola dai colori e sapori forti, terra di contrasti e passioni, di uomini e donne, fieri e indomiti, che vivono appieno la vita, senza mezze misure.

E i racconti ci accompagnano in un tour del cuore nei più bei luoghi della Trinacria: Favignana, dove nasce, si legittima con la fuitina e si spegne dopo cinquant’anni e quattro figli l’amore tra Agata e Michele, e Lampedusa, dove Andrea salva Ashanti e in lei riabbraccia sua figlia Laura.
Poi Modica, dove Armando, lo scemo del paese, colui che non fu mai poeta  a parole, ma lo fu nei sentimenti, viene salvato da Maddalena, moderna peccatrice redenta, il cui cuore limpido riesce a vedere il candore e la grandezza di quello del mai cresciuto Armando.

Alcamo e la speranza di Aarif di trovare un futuro migliore in Italia con Sonia e Umberto. 

Siracusa e la scelta di Andrea: scelta, a prima vista dettata dalla razionalità, ma, di fatto, voluta dall’istinto che gli fa dire: … sono convinto… che non si debba mai convincere nessuno di nulla. Io non sono un domatore di anime, tanto meno di menti. Non credo in Dio, ma credo nel dono dell’intercambiabilità delle anime e dei corpi… noi umani siamo tutti sacerdoti fai-da-te delle illusioni: ognuno coltiva dentro di sé il suo personalissimo giardino fatto di dolci illusioni, un giardino che a tratti condivide, in sprazzi di illusoria generosità.

San Vito Lo Capo, Siracusa, Pantelleria, Messina, Palermo e sempre, onnipresente, il mare: quel mare di Sicilia, magico e magno, come la vita e il fluire del tempo, il tempo vissuto alla siciliana.

Quella nostalgia di cose che non sono ancora accadute, di luoghi non ancora visti e persone non ancora conosciute: quella sensazione che è tipica degli isolani, e che impedisce di vivere il presente perché ogni cosa è già in funzione del futuro.

Pensieri di personaggi famosi e richiami a canzoni dedicate a questa meravigliosa isola sono il filo conduttore di questi racconti che ho divorato, con la stessa voracità con cui ci si butta sul piatto preferito, col solo rimpianto di averli finiti troppo in fretta.


Il viaggio d’amore del tonno: un viaggio che mi auguro per Ilaria e Seby possa continuare e portarli molto lontano. Mai troppo distanti però da quella terra di Sicilia di cui nessuno può fare a meno.

giovedì 4 maggio 2017

Recensioni & Co #9: Teseo in Arcadia

TESEO IN ARCADIA

Romanzo di Pietro G. La Marca
e
Alessandro Fantin

C’è sempre una prima volta e questa, lo ammetto, è la prima volta che leggo un Fantasy: genere che, così a pelle, non mi ha mai attirata più di tanto.  Però devo anche dire che questo primo approccio ha avuto risvolti positivi; la curiosità della prima volta è una molla fortissima!

Leggere Teseo in Arcadia – il primo romanzo di un trilogia, come spesso accade coi Fantasy – è stato come addentrarsi in un mondo parallelo: quello dei miti dell’antica Grecia,  degli Eroi e degli Dei.

Teseo e i suoi amici – Andreas, Giorgia, Sofia – partono da un paese sulle rive del mare per quella che dovrebbe essere solo un’allegra gita verso l'interno dell'isola in cui vivono, ma in realtà il loro viaggio si trasforma ben presto in una vera e propria quest: una ricerca o caccia che dir si voglia, con lo stesso spirito che nei romanzi cavallereschi spingeva i cavalieri alla ricerca del Santo Graal.

Sotto la guida di Thanathos, uno strano ed enigmatico personaggio incontrato al loro arrivo, i ragazzi iniziano una discesa letterale nelle profondità della terra: un percorso pieno di insidie  attraverso grotte, cascate sotterranee e cunicoli millenari alla fine del quale Teseo troverà la chiave del suo viaggio.

Un paio d’ali: quelle con cui Icaro volò fino al sole per poi ricadere in mare. Ali che a Teseo permetteranno di trasformarsi nell'Eroe: il guerriero dell’Idra a cui sarà consentito arrivare fino ad Arcadia, la terra, o meglio la dimensione, dove regna la Perfezione che deve essere custodita e protetta da qualsiasi interferenza del Male e di altri mondi.

Forze oscure che si palesano con volti e forme diverse sono pronte ad ostacolare la sua marcia, ma al suo fianco si schierano i paladini del Bene che lo aiuteranno nella sua trasformazione, in quella catarsi fisica e psicologica che da ragazzo scapestrato lo porterà ad essere un vero Eroe con una missione ben precisa: salvare Arcadia dalle forze coalizzate del Male e con essa il mondo degli uomini da cui egli proviene.

Teseo in Arcadia è un fantasy mitologico ed un romanzo che narra l’iniziazione di un giovane fondamentalmente alla ricerca della Verità: la verità su Arcadia, sulle origini del mondo terreno e sul suo futuro, ma soprattutto su se stesso, perché il motto di questo Eroe che,  con i suoi dubbi, le sue paure e il suo coraggio rappresenta il cammino di crescita di ogni essere umano, è proprio Conosci te stesso.

Ho lasciato Teseo alle porte di Arcadia, dopo averlo seguito nelle avventure che Pietro ed Alessandro gli hanno fatto vivere: in maniera avvincente, ricca di fantasia ed originalità.  Solo descrizioni un po’ troppo lunghe e dialoghi non sempre funzionali alla storia hanno, a volte, rallentato il ritmo di una narrazione altrimenti incalzante che tiene acceso l'interesse del lettore.


Mi auguro che la ricerca di Teseo si concluderà col trionfo e gli onori tributati agli eroi, mentre agli autori va il mio in bocca al lupo per il proseguo del loro cammino letterario. 

Pagina #16: La Doppia Vita dei Libri

La Doppia Vita dei Libri
ovvero
Leggere col Cuore

Chi scrive, per professione o per passione, sa molto bene che le difficoltà maggiori si incontrano dopo la pubblicazione. Come diamine si fa a promuovere un libro tra le migliaia che ogni anno sommergono i lettori?

Ecco, tra le varie possibilità che si aprono agli autori ci sono i blogger: i tanto ricercati, corteggiati e, a volte, temuti lettori e recensori che possono fare la differenza nel lanciare o affondare un libro.

Tra i molti che ho avuto il piacere di contattare per la promozione del mio romanzo Le stelle di Srebrenica, una in particolare mi ha colpita. Lei si chiama Serena e gestisce il blog La Doppia Vita dei Libri.

Oggi sono felice di ospitarla qui con una breve intervista: 7 domande con cui cercherò di farvi conoscere un po’ meglio Serena e la sua passione per i libri.

D. Buongiorno Serena! Inizio subito con la domanda più ovvia. Da dove nasce l’idea di chiamare il tuo blog La Doppia Vita dei Libri?

R. Non è stato affatto facile! Ci ho pensato e ripensato per giorni, fatto liste interminabili, ma con nessun nome scattava il colpo di fulmine. Poi una sera ho chiuso gli occhi ed è prepotentemente affiorato! I libri nascono dalla mano del loro autore cominciando la loro prima vita. Vengono scelti e acquistati, iniziando la loro seconda. Il medesimo libro può essere amato da uno e odiato dall'altro. Osannato o stroncato a seconda dei personali gusti… da qui, La Doppia Vita Dei Libri.

D. La prima cosa che balza all'occhio, leggendo le tue recensioni, è la cura e il cuore che metti nel presentare un libro: un layout ben strutturato e accattivante che attira l’attenzione, riferimenti mirati e densi di significato a frasi ed estratti del libro e poi… tanta, tanta passione! Quando hai “scoperto” questa tua passione e perché hai deciso di “diventare” una blogger?

R. Leggo voracemente da quando avevo 5 anni. Me lo ha insegnato mia mamma. Avevamo molti libri in casa, libri però “troppo grandi” per me. Ma questo non mi fermava. Leggevo e leggevo, magari non capendo assolutamente nulla di ciò che vi era scritto perché libri troppo impegnativi per una bambina, ma a me non importava, andavo avanti come un treno, quindi direi di aver scoperto in quel periodo la mia passione.

Diventare una blogger, beh, l’ho fatto inizialmente spinta un po’ dalla rabbia. Ho iniziato a leggere le recensioni degli altri e notavo con quanta facilità stroncavano o giudicavano gli scritti altrui ergendosi a giudici, spesso quasi con cattiveria. Le stesse persone che poi magari non sarebbero state in grado neanche di scrivere una lista della spesa! Sono dell’idea che si possa e si debba esprimere il proprio parere ma sempre con una buona dose di rispetto e considerazione per l’animo umano. Anche a me è capitato di leggere delle cose non proprio eccellenti, una addirittura terribile (in quel caso mi sono astenuta dal fare la recensione) ma penso si debba cercare di fare critiche sempre e comunque costruttive.


D. Quello del blogger è un lavoro che prende molto tempo e tante energie. Leggere non è così semplice come si potrebbe pensare; soprattutto se lo si fa cercando di instaurare un’empatia con l’autore e la sua creatura. Cosa deve scattare in Serena perché si stabilisca questo cordone ombelicale con un libro?

R. Alcuni mi emozionano già dalle dediche iniziali. Sembrerà una stupidaggine ma a volte da quello, inizio a capire la mano che c’è dietro quel libro.
Amo i libri non fini a se stessi. Il libro può essere di qualsiasi genere, thriller, romantico, fantasy, ma deve avere un messaggio, più o meno celato. Quando mi accorgo che il libro in questione mi sta spingendo alla riflessione, il legame ha inizio.

D. Ci sono generi narrativi che preferisci, qualcosa che senti più nelle tue corde di lettrice? O come i buongustai a tavola, badi più che altro alla sostanza, al contenuto?

R. Aprire il blog mi ha aperto un mondo. Prima le mie scelte viravano soprattutto verso i thriller ma dopo aver iniziato questa esperienza mi sono resa conto di essermi persa molto. Questo grazie agli autori che mi hanno mandato i loro scritti permettendomi di conoscere generi che fino ad allora mai avrei creduto di voler leggere o semplicemente tralasciavo. Il mio primo fantasy l’ho letto proprio grazie al blog e mi è anche piaciuto! Credimi, quando andavo in libreria la sezione fantasy non la sfioravo nemmeno.
Diciamo che grazie a La Doppia Vita Dei Libri sono diventata onnivora!

D. Quali sono gli aspetti fondamentali, quegli ingredienti che, secondo il tuo gusto e la tua esperienza, non devono mancare in un libro per tenere incollato il lettore dalla prima all'ultima pagina?

R. La scorrevolezza del testo è una cosa fondamentale. Per scorrevolezza non intendo una scrittura veloce e approssimativa ma un testo non schematico. Capita spesso, soprattutto agli autori con ancora poca esperienza, che non riescano a miscelare bene le informazioni e in alcuni punti più che un libro sembra di leggere lo schema che probabilmente avevano accanto e seguivano durante la stesura.
Come secondo punto, personalmente non amo le eccessive descrizioni, trovo che rallentino inutilmente il testo. Per far amare un personaggio o un luogo bastano poche parole ben scelte.
Un’altra cosa fondamentale a mio avviso per incollare il lettore alle pagine, è farlo innamorare del / dei personaggi principali. Creare un legame con essi porterà il lettore a “non volerli lasciare”, anche nelle fasi in cui il libro potrebbe essere un po’ calante.



D. Tu sei anche una beta-reader. Ti è mai capitato di dover “bocciare” un testo, sapendo che per ogni autore il proprio libro è un pezzo di cuore? In altri termini, esprimi sempre il tuo parere spassionato o preferisci, dove possibile, soprassedere o “indorare la pillola”?

R. Se indorassi la pillola il mio ruolo di beta-reader oltre a non servire, danneggerebbe libro e autore.
Nella recensione considero sempre che il libro ormai è così, quindi si, scrivo quello che non mi è piaciuto (se c’è), ma metto anche in risalto i punti positivi.
Come beta-reader sono un po’ più secca, soprattutto quando credo che il libro abbia un buon potenziale.
Ne ho letti molti con ottime partenze che progressivamente calavano… ecco, siccome non mi piace vedere del potenziale sprecato, seppur in modo educato e rispettoso della sensibilità, faccio notare senza remore ciò che si può migliorare.

D. In media quanti libri leggi all'anno? E se qualcuno te lo proponesse, faresti di questa tua passione un lavoro a tempo pieno?

R. E’ difficile quantificare, ma direi tra i 50/70. In media uno a settimana, se brevi anche due.
Diciamo che dormo molto poco!
Chi non desidera passare le giornate a fare ciò che più ama?
Quindi la risposta è sì, trasformare questa mia passione in un impiego sarebbe una bellissima svolta!

Grazie, Serena, per aver accettato questa intervista e per la tua disponibilità nei confronti di noi autori. Un grazie di cuore soprattutto da parte mia e… in bocca al lupo, per tutto!