domenica 4 marzo 2018

Recensioni & Co #21: Le nostre anime di notte


Le nostre anime di notte
Kent Haruf

                       Nella cittadina immaginaria di Holt, in Colorado, un giorno la vedova Addie Moore bussa alla porta del suo vicino Louis Waters, ex professore di letteratura anch'egli vedovo, e gli fa una proposta sorprendente e scandalosa: ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me?

                        Sorprendente perché i due, anche se vicini di casa da anni, si conoscono poco. Scandalosa perché i due hanno ormai passato la settantina.
                        
                        Così ha inizio una relazione che, dopo l'imbarazzo iniziale, continua e cresce con il ritmo lento della vita di provincia, in un lembo di terra disegnato da distese di stoppie a perdita d'occhio.
                        
                        Una relazione fatta di tenerezza, complicità, ricordi e racconti di esistenze sopravvissute a tradimenti, disgrazie e assenza di contatto e calore umano ma, al tempo stesso, forte e densa: di quella urgenza di vivere ogni istante, di esserci l'uno per l'altra che si fa ancora più pressante quanto più imminente è la fine che si avvicina.
                        
                       Eppure questa lenta inesorabilità, che in altre mani sarebbe stata dolorosa e senza speranza, nell'ultimo romanzo di Haruf diventa un inno, sommesso e delicato, all'amore che non conosce l'inverno degli anni, che risveglia passione e sesso, fregandosene degli acciacchi del corpo.
                        
                       Haruf racconta la poesia della quotidianità di vite normali; e allora sembra di essere lì con i suoi personaggi a mangiare un hamburger, vedere una partita di softball, assistere a una sfilata di auto, trattori e trebbiatrici, fare un picnic in riva al fiume, campeggiare guardando le stelle nel buio della notte, scegliere un cane, magari quello più timido con una zampetta acciaccata, perché possa giocare con il nipotino.
                       
                      Una relazione improbabile che supera le maldicenze dei perbenisti e l'invidia di chi vorrebbe poterne vivere una uguale, ma non lo fa per paura o ipocrisia condannandosi alla solitudine, e cede invece al ricatto morale più crudele, quello di un figlio.
                       
                      Addie e Louis, separati da un incidente all'anca di lei, dalla lontananza e dalla vita che non perdona l'età e i sentimenti, nemmeno quelli più veri e profondi, troveranno il mezzo per tenersi in contatto; perché il verbo esserci per un'altra persona può essere declinato in migliaia di modi e circostanze. 
                     
                     Un romanzo che amo e che consiglio caldamente, non solo per il talento di Haruf, ma anche per il messaggio, che impregna ogni singola pagina, dichiarato per bocca di un personaggio: mi fa pensare che anche per qualcun altro ci possa essere speranza.
                      
                      La speranza di amare ed essere amati, sempre.

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