mercoledì 5 settembre 2018

Recensioni & Co #25: Infondate ragioni per credere all'amore




L'amore? Non so. Se include tutto, anche le contraddizioni
e i superamenti di se stessi, le aberrazioni e l'indicibile, 
allora sì, vada per l'amore.
Altrimenti, no.
(Frida Khalo)

Perché ho scelto questo pensiero di Frida Khalo sull'amore? Perché, secondo me, stigmatizza la storia che Pina Bertoli narra in Infondate ragioni per credere all'amore, vincitore del concorso IoScrittore del Gruppo editoriale Mauri Spagnol.

Non ci sono certezze in amore, non c'è mai nulla di scontato, al contrario l'amore vive di ostacoli, impedimenti, rinunce, sacrifici: fuori e dentro noi stessi. E la vita di Francesco, in una narrazione fluida che partendo dall'estate del 1955 ci accompagna fin quasi ai nostri giorni, è davvero un percorso accidentato, fatto di prove non superate, rapporti famigliari congelati nell'odio e nell'indifferenza, di amori giusti o sbagliati, ma sempre lasciati e ritrovati nel momento meno opportuno.

Francesco è quello che in letteratura viene definito un antieroe; è, sì, il protagonista del romanzo ma ha tutte le caratteristiche del perdente, del fallito: non ha fiducia in se stesso, non è portato per gli studi ma neanche per il lavoro. Non sa cosa farà da grande, semplicemente perché non si conosce, non sa nemmeno lui chi è e cosa vuole dalla vita.

Si lascia trasportare dagli eventi, quasi li subisce, incapace com'è di prendere decisioni importanti, di dare una svolta a quel suo non essere: il figlio di cui essere orgogliosi che il padre, avvocato integerrimo fino alla durezza d'animo, bolla fin dall'adolescenza come imbecille, il fratello che dà lustro alla famiglia e sul quale si può fare affidamento, il marito presente e fedele, l'amante con cui ritrovare la gioia di vivere.

Perché Francesco non è e non sarà mai nulla di ciò, e lui stesso se ne rende conto dopo quella tragedia della strada che lo vede coinvolto con l'amico Oreste: una notte di un'estate che non scorderà più. Si sforzerà di continuare a vivere, rifugiandosi nell'amore di Maria, la bella operaia che riesce ad abbattere quel muro di apatia e rinuncia che Francesco ha costruito a sua difesa, ma neanche questo e la nascita della piccola Diletta sembrano bastare.

Quella che può sembrare una parvenza di vita normale, in realtà, si rivela una finzione o come Maria, l'altra voce narrante del romanzo, avrà modo di dire, una sorta di anestetico con il quale Francesco ha cercato, inutilmente, di dimenticare la perdita del vero e grande amore della sua vita: Simonetta, la ragazza delle estati di Viareggio.

E quando la vita li farà incontrare di nuovo, Francesco non rinuncerà a Simonetta, in quella che forse è la sua unica presa di coscienza e affermazione di volontà. Sarà un amore clandestino, perché entrambi sono sposati, che durerà quattro anni e che si concluderà con un'altra tragedia, anch'essa della strada come nel caso di Oreste, in un deja vu che chiude, in un cerchio di dolore e sofferenza, la breve parentesi di felicità nella vita di Francesco.

Perché neppure il ritorno di Maria, che dopo la scoperta del tradimento lo abbandona, e la ritrovata vita coniugale che gli regala ancora qualche momento di sollievo dal risentimento che Francesco prova per se stesso e per tutto ciò che non è riuscito ad essere, lo salva dal dubbio e dal tormento che la decisione di Maria, ormai morta, di tornare con lui, fosse in realtà una forma di compassione e non di amore.

Francesco, un antieroe che non si può fare a meno di  compatire, non tanto nel senso di provare compassione, quanto, nell'etimo più profondo, del condividere i dolori, del patire insieme. Perché, se non lo si fosse ancora capito, a me Francesco piace e molto, per lui provo tenerezza e simpatia, per quei suoi difetti e mancanze così umane, così anche mie.

E in questa sua vita sfortunata da antieroe vedo il riflesso di un altro grande antieroe che amo, quell'Arturo Bandini che John Fante ha reso immortale in Chiedi alla polvere, e che in molti aspetti mi ha ricordato.

Al termine di questi miei pensieri sparsi, mi sento, con fondate ragioni, di consigliarvi la lettura di questo splendido romanzo e di fare, ancora una volta, i miei complimenti alla magica penna di Pina Bertoli.

Buona lettura!


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