martedì 29 maggio 2018

Recensioni & Co #24: Salvare le ossa

Salvare le ossa
Jesmyn Ward 

Un libro deve essere un'ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi. (F. Kafka)

Non a caso mi è venuta in mente questa frase, tratta da una lettera di Kafka, per introdurre i miei pensieri sparsi sul romanzo di Jesmyn Ward, Salvare le ossa (NN Editore).
Non a caso, perché fortissimo è stato l'impatto emotivo che ho provato insieme al senso di ineluttabilità della vita che mi ha lasciato.
Ineluttabile come le storie e gli archetipi narrati nei miti o nelle fiabe che, a mio parere, ne sono la versione rivisitata dei tempi moderni.

E la cosa che maggiormente mi ha stupita è stata la materia con la quale la Ward è riuscita a creare questa atmosfera "fuori dal tempo e dal luogo", questo incalzare di eventi possenti, che non lasciano scampo sullo sfondo di una natura selvaggia come quella della Fossa: un lembo di terra coperto di boschi e pozze di acqua fangosa nel Mississipi, a poca distanza dal golfo del Messico.
Bois Sauvage è il paese dove si muovono i personaggi della Ward, un  villaggio minuscolo che però ha in sé tutta la potenza deflagrante dei conflitti primigeni.
Una madre che muore nel dare alla luce il suo ultimo figlio, un'adolescente che scopre di essere incinta, una pitbull che ha appena partorito la sua prima cucciolata e un uragano, Katrina, che incombe con la sua forza distruttiva.

Esch, unica donna della famiglia Batiste che vive in una casa-baracca nel bayou, è l'io narrante della storia e, attraverso i suoi occhi e la sua pancia che cresce e si solleva da sotto le magliette come se già vivesse di vita propria, ci viene permesso di entrare in questo mondo "ai limiti".

Ai limiti dell'indigenza in cui vivono i quattro fratelli, Randall, Skeetah, Junior ed Esch, del dolore spento nell'alcolismo del padre Claude, del sesso consumato troppo in fretta che si confonde con il primo amore, e del bisogno di appartenere a qualcuno che diventa quasi ossessione.

Il sesso è quello che Manny, uno degli amici dei fratelli Batiste, si prende da Esch senza guardarla negli occhi, fino al giorno in cui lo farà e la allontanerà spaventato dal segreto che intuisce dentro il suo corpo.
L'affetto, silenzioso ma sempre presente e che un giorno potrebbe diventare qualcosa di più, è quello di Big Henry, un altro amico dei fratelli Batiste, per Esch.
L'amore incondizionato è quello che Skeetah prova per China, la sua pitbull bianca; femmina che distrugge e divora i maschi nei combattimenti tra cani organizzati in una radura della Fossa. Per lei Skeetah sarebbe pronto a dare la vita, ma a lei dovrà e saprà rinunciare quando Katrina, uragano femmina e per questo più distruttivo dei suoi predecessori, gli imporrà la scelta più dolorosa: o China o la sua famiglia.

Se l'incombere dell'uragano è il file rouge di una narrazione altrettanto potente nelle sue metafore, a volte dolcissime e altre crudeli, e la sua attesa è essa stessa parte viva di una storia che rimanda e riecheggia la tragedia classica, è il suo arrivo e il suo dirompere incontenibile il climax del romanzo.

Katrina, con la sua forza spietata, la sua violenza mai vista, compie cose eccezionali; non solo negative. Katrina è la voce e l'abbraccio della mamma che teneva i suoi ragazzi stretti a sé perché non sentissero l'urlo lacerante del vento, è il grido di Skeetah al padre che scopre che Esch è incinta, mentre si lanciano da un ramo all'altro di una quercia per salvarsi la vita, è il guaito sempre più flebile di China risucchiata dalla forza dell'acqua, ed è l'attesa caparbia di Skeetah che bivacca, accanto a quella casa che ora non c'è più, aspettando di vederla tornare da lui.

Un romanzo che mi ha profondamente emozionata, mi ha fatto riflettere, mi ha ricordato che esistono vite, paradossalmente lontane anni luce dal nostro quotidiano, che combattono le nostre stesse battaglie.

Un romanzo che, grazie alla splendida traduzione di Monica Pareschi che è riuscita perfettamente a mantenere intatto lo spirito dell'originale in una diversa forma linguistica, ho apprezzato anche per l'ampio spazio narrativo dato al mondo femminile, in tutti i suoi aspetti.

China. Lei tornerà, e si ergerà, dritta e maestosa, senza più una goccia di latte. Abbasserà lo sguardo sul cerchio di luce che abbiamo acceso dentro la Fossa, e allora saprà che sono stata attenta, che ho lottato. China abbaierà e mi chiamerà sorella. Nel cielo soffocato di stelle, c'è un grande silenzio di attesa.
Lei lo saprà che sono madre.

E, nell'attesa dei prossimi capitoli di questa Trilogia di Bois Sauvage, vi consiglio vivamente questo primo capitolo.

Buona lettura!

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