La
felicità vuole essere vissuta
di
Loredana
Limone
Non
c'è dubbio: il quarto libro della saga di Borgo Propizio è diverso da quelli
che l'hanno preceduto. Diverso per come la penna - e qui il sempre è d'obbligo!
- impeccabile e affabulatrice di Loredana Limone tesse le vicende del borgo,
diverso per lo spessore psicologico con cui i personaggi - e qui, invece, c'è solo l'imbarazzo della
scelta! - vengono accompagnati passo passo lungo le strade, le piazze e i
vicoli borghigiani e dentro i turbamenti, le gioie, gli amori e i tradimenti
dei loro cuori.
Diverso,
semplicemente perché diversa è la Loredana Limone che ci ha spalancato le porte
di questo piccolo, incantevole borgo d'altri tempi, e che adesso ci prende per
mano per farci conoscere anche un pò la sua anima.
Sí,
perché Borgo Propizio è un luogo dell'anima, del cuore e, mai come questa volta, ad ogni pagina si sente
battere il cuore dell'autrice.
Che,
mentre narra le vicende giocose, divertenti, leggere, tristi o drammatiche di
Gemma, Osvaldo, Antonia, Claudia,
Cesare, Dora, Eros, Marietta, Felice, Mariolina, Ruggero, Bartolomeo e Joyce Joy (non me ne
vogliano tutti gli altri che non ho menzionato solo per questioni di spazio!),
ci parla di sé. Lo fa con garbo, come è da lei, tenendosi un pó in disparte ma, senza dubbio,
è anche di sé stessa che ci racconta.
Le sue creature si muovono, a volte
con determinazione ed altre con maggiore incertezza, su quell’immenso e sempre
mutevole scacchiere della vita, ora trionfando ora soccombendo alle casualità,
alle sorprese, agli scherzi del destino. Ogni lettori troverà qualcosa che lo
accomuna almeno a uno di questi personaggi, perché la loro umanità è così
fragile e, al tempo stesso, unica da rendercela vicina e condivisibile (io, per
esempio, ho gioito, in realtà è stato più un gesto istintivo con la mano
accompagnato da un sonoro evvai!,
quando Antonia in sogno manda a quel paese l’ingrato scrittore di successo
Rubino).
Ed
è proprio grazie a questa immedesimazione del lettore con i personaggi, fenomeno
che Loredana Limone rende possibile attraverso
un linguaggio che magistralmente sfoggia tutti i registri della parlata e del
sentire umano – momenti di poesia si alternano a esternazioni più crude, l’ironia
va a braccetto con l’introspezione, e una delicata malinconia pervade anche i
momenti di maggior tensione descrittiva -, che il messaggio del romanzo,
puntualmente sintetizzato nel titolo, acquista ancora più forza.
La
felicità non dà garanzie, non è un diritto acquisito per nessuno, ma è una
conquista che ciascuno di noi può ottenere giorno per giorno: amando, lottando,
cadendo e rialzandosi per ricominciare.
La
felicità vuole essere vissuta, scrive Loredana, nel Borgo Propizio che vive nei
nostri cuori, aggiungo io.